In cerca di denaro o coronascettici? Rimane un mistero il motivo del rapimento di Berger

gbi

12.4.2022

Stanno emergendo ulteriori dettagli in merito al rapimento del presidente della Commissione federale delle vaccinazioni Christoph Berger, ma restano dubbi sul fatto che l'autore abbia davvero perseguito motivi politici.

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Dopo che venerdì sera si è venuto a sapere che alla fine di marzo Christoph Berger era finito nelle mani di un rapitore, il movente del crimine sembrava piuttosto ovvio: l'autore apparterrà di certo al campo degli scettici radicali alle misure anti-Covid proposte durante la pandemia.

Ma lunedì mattina la SRF ha espresso dubbi su questo movente, facendo riferimento a una propria ricerca. Secondo il rapporto, il rapitore, un tedesco di 38 anni, si era assicurato che le misure fossero rispettate in uno spot pubblicitario girato per la sua start-up. La SRF ha infatti appreso da una persona coinvolta che in tutte le immagini la distanza di sicurezza doveva essere mantenuta e la mascherina protettiva indossata.

Un altro informatore ha invece confermato, sempre alla SRF, che il rapitore era alle prese con problemi finanziari: non aveva infatti guadagnato nulla con la sua azienda. Lo stesso Berger ha fatto sapere, nella sua dichiarazione pubblicata domenica sera, che il colpevole lo aveva trattenuto per circa un'ora e aveva chiesto una somma di denaro «considerevole».

«Quindi l'unico obiettivo del rapitone sembrava essere quello economico. L'uomo non ha mai fatto alcun riferimento al mio ruolo di presidente della Commissione per le vaccinazioni», ha spiegato Berger. 

Dal canto suo, però, il «Tages-Anzeiger» aveva saputo da diversi informatori che il rapitore era probabilmente un coronascettico e che non era vaccinato. Inoltre, un suo socio d'affari avrebbe partecipato a manifestazioni di oppositori alle misure e avrebbe sostenuto teorie cospirative. Il suo possibile coinvolgimento nel rapimento rimane però poco chiaro. Secondo la SRF, l'uomo è stato arrestato e interrogato dalla polizia.

Il rapitore è stato ucciso dalla polizia durante un'operazione a Wallisellen la sera del 6 aprile. Secondo le autorità, possedeva diverse armi e si dice che prima abbia sparato alla sua compagna di 28 anni.

Accesso al parcheggio sotterraneo

Ci sono anche nuovi dettagli sull'operazione di polizia a Wallisellen: secondo un rapporto del «Tages-Anzeiger» di lunedì, la polizia ha aspettato il colpevole e la sua ragazza in un parcheggio sotterraneo. Dopo che l'uomo ha sparato alla 28enne, lui stesso è stato ucciso da uno o più proiettili della polizia.

Ciò che ha causato irritazione è stato che i due sono stati in seguito ammanettati. Tuttavia, gli agenti di polizia hanno confermato al giornale che, finché c'è il pericolo che un criminale possa ancora raggiungere un'arma, le manette vengono messe anche a persone gravemente ferite. Questa non è una procedura insolita.

Ora si sta però indagando per capire se l'operazione di polizia sia stata effettivamente eseguita correttamente.

Il presunto complice in carcere preventivo

Intanto si trova in carcere preventivo il 34enne arrestato giovedì scorso perché sospettato di essere coinvolto nel rapimento.

La misura è stata ordinata lunedì dal giudice dei provvedimenti coercitivi del Canton Zurigo, ha indicato a Keystone-ATS un portavoce del Ministero pubblico. L'uomo, di nazionalità svizzera, era stato posto in arresto in un cantone limitrofo di Zurigo. È accusato di sequestro di persona, rapimento e tentata estorsione. Vale la presunzione di innocenza.