Scandalo valproatoIn Svizzera ci sono meno casi o non c'è abbastanza informazione?
Valérie Passello
22.2.2021
Mentre in Francia il numero conosciuto di vittime del Depakin supera le 7'000 persone ed è stato creato un fondo di risarcimento, in Svizzera ci sarebbero soltanto una cinquantina di casi segnalati. Per il momento, solo 10 famiglie chiedono supporto nel nostro paese. I loro bambini soffrono tutti di malformazioni o disturbi derivanti dall’assunzione in gravidanza di questo antiepilettico.
Proprio attraverso Marine Martin lo scandalo è stato scoperto in Francia. Questa madre di famiglia ha creato nel 2011 l'APESAC, l'Associazione di aiuto ai genitori di bambini che soffrivano di Sindrome Fetale da Acido Valproico. La donna, che ha lanciato l’allarme, si batte per far riconoscere le conseguenze dell’assunzione di Depakin in gravidanza, per aiutare le famiglie colpite e «perché tale scandalo sanitario non si ripeta mai più» .
Il farmaco, che contiene una molecola battezzata valproato di sodio, viene prescritto dal 1967 per trattare l’epilessia, i disturbi bipolari o la depressione. Ma, anche se i rischi di assunzione durante la gravidanza sono stati identificati sin da subito, l’informazione ai pazienti ha tardato ad arrivare.
Oggi si sa che l’assunzione di valproato da parte di una donna incinta causa malformazioni alla nascita nel 10% dei neonati e disturbi severi dello sviluppo tra il 30% e il 40% dei casi. Tra le conseguenze, i bambini possono cominciare a camminare molto in ritardo, avere ritardi nel linguaggio, disturbi dello spettro autistico, Q.I. diminuito e disturbi visivi.
Alcuni segni fisici della sindrome da valproato nei bambini
Labbro superiore sottile
Antiversione (deviazione) delle narici
Radice del naso larga
Occhi divaricati e come se fossero obliqui (piega epicantica)
Dopo 10 anni, si registrano molte denunce di casi simili in Francia. L'APESAC parla di 7'254 vittime, 1'561 aborti e 166 decessi legati al Depakin o ad altri medicinali a base di valproato. E si calcolano almeno 14'000 vittime in Francia.
Nel 2020, il laboratorio Sanofi, produttore del farmaco, è stato indagato per «truffa aggravata», «lesioni involontarie», e poi «omicidi involontari». Nel luglio dello stesso anno, la giustizia ha condannato lo stato francese a risarcire tre famiglie delle vittime: lo Stato «ha mancato ai suoi obblighi di controllo per non aver preso le misure adeguate, assumendosene la responsabilità», comunicava allora il tribunale. Un fondo di risarcimento per le vittime del valproato e dei suoi derivati è stato inoltre creato nel 2016.
«È come la nube di Chernobyl, si direbbe che si è fermata alla frontiera!»
Natascha Allenbach, presidente dell'ASSAC
Nel nostro paese invece, niente di simile. Dopo le indicazioni fornite da Swissmedic, l’organo di controllo dei farmaci, fino al mese di maggio 2020 erano stati riportati esattamente 53 casi. Di questi, 39 erano conosciuti nel dicembre 2019, 11 sono stati segnalati all’inizio del 2020 in seguito alla copertura mediatica dei casi e 3 a partire da un formulario pubblicato dai nostri colleghi di «20 Minutes». Il portavoce di Swissmedic precisa ancora: «Un altro caso è stato segnalato ad ottobre 2020 (nascita nel 2020). Il rapporto riguarda una gravidanza avvenuta durante un trattamento contro l’epilessia che ha avuto luogo all’estero. La madre si trovava allora in Svizzera per gli ultimi mesi di gravidanza e il parto.»
Ma come spiegare una tale differenza con le cifre francesi?
Il 6 dicembre 2019, in un rapporto pubblicato in risposta a una richiesta della consigliera agli Stati Liliane Maury Pasquier depositata nel 2018, Swissmedic rileva: «In Svizzera, contrariamente ad altri paesi e particolarmente in Francia, il valproato è stato prescritto in maniera molto prudente alle donne incinte, alla luce dei rischi di malformazioni conosciuti da più di 30 anni.»
Uno studio recente, realizzato insieme al CHUV, conclude tuttavia che il numero di vittime è «sottovalutato». La fondatrice dell'ASSAC (Associazione svizzera della sindrome anticonvulsivante), Natascha Allenbach afferma: «È come la nube di Chernobyl, si direbbe che si è fermata alla frontiera! Non ci credo: ci sono senza dubbio molti altri casi in Svizzera.»
La donna, lei stessa mamma di un adolescente che soffre di sindrome da valproato, ha identificato il problema soltanto nel 2016, consultando la cartella medica di suo figlio. A partire da quel momento, ha rapidamente allertato la stampa e si è rivolta alla giustizia. «Il più delle volte i genitori, come me, non sono stati informati sui rischi del Depakin e non sanno da cosa siano causati i disturbi dei loro bambini. Spesso è guardando un reportage in TV o leggendo un articolo che realizzano cosa hanno i loro figli.»
Altri genitori, tra cui quelli di due bambini presumibilmente colpiti, hanno recentemente contattato la presidente dell’associazione svizzera dopo aver scoperto gli ultimi articoli che trattano lo scandalo del Depakin.
Organizzazione e «lentezza»
Altro punto stupefacente, il fatto che i primi casi segnalati in Svizzera siano datati al 1994, mentre il Depakin è prescritto da una cinquantina d’anni. «Ciò potrebbe avere qualcosa a che vedere con la storia della segnalazione spontanea in Svizzera», risponde Swissmedic.
Infatti, solo nel 1990 il Centro di farmacovigilanza è entrato in funzione come unità organizzativa dell’Ufficio Intercantonale di Controllo dei Medicamenti (UICM). «Si basava principalmente sugli annunci di effetti indesiderati di farmaci che provenivano dai servizi e istituti di farmacologia clinica degli ospedali universitari svizzeri. L’annuncio era fatto in connessione diretta con il paziente e il medico curante», riporta un articolo della rivista n°20 di «Vigilance-News», sulla storia della farmaco-vigilanza.
Spesso criticato per la sua «lentezza», l'organo di controllo dei farmaci ricorda che gli aggiornamenti regolari sul valproato sono apportati dal 1982, in funzione dell'evoluzione delle conoscenze e degli ultimi sviluppi scientifici e tecnologici: «Per ciò che riguarda le nuove notifiche, la sorveglianza del mercato di Valproato/Depakin continua a essere oggetto di un attento controllo e ogni notifica dettagliata viene accuratamente esaminata», indica.
I medici che prescrivono farmaci sono inoltre invitati a rispettare strettamente le indicazioni delle informazioni sui farmaci e a informare ed accompagnare i loro pazienti.
«Per ciò che concerne i disturbi della crescita, agli sviluppi internazionali hanno fatto seguito delle segnalazioni pertinenti. Questo rischio era difficile da identificare e l’associazione con il farmaco è difficile da confermare», precisa il portavoce di Swissmedic.
Primi passi giudiziari
Per il momento in Svizzera una decina di famiglie si è rivolta alla giustizia per ottenere il risarcimento. Una nuova udienza – la prima si è tenuta lo scorso novembre – avrà luogo al tribunale di prima istanza di Ginevra a fine febbraio, per il caso del figlio di Natascha Allenbach, il fascicolo finora più avanzato dei dieci. La presidente dell'ASSAC ha intentato una causa civile contro il suo neurologo e contro Sanofi. «Non sono mai stata avvertita dei rischi», ha testimoniato la donna.
Le nostre domande a Sanofi sulla sua linea difensiva nei fascicoli aperti in Svizzera e in Francia sono rimaste senza risposta.
Dall’autunno 2016, nel nostro paese, ai pazienti deve essere consegnato un documento dal medico al momento della prescrizione di valproato o dal farmacista all’atto della consegna del farmaco. Questo documento si aggiunge alle segnalazioni pubblicate nel marzo 2015 da Swissmedic nell’informativa professionale svizzera e l’informativa destinata ai pazienti. Sulle confezioni dei derivati dal valproato ora viene mostrato un logo che mostra una donna incinta in un cartello di «divieto».
Marine Martin fa il punto sullo scandalo del Depakin in Francia.