Nelle città svizzereSinistra un tempo operaia, oggi universitaria
hm, ats
16.7.2024 - 15:00
Sinistra un tempo operaia, oggi universitaria: nelle città svizzere i rappresentanti eletti delle classi lavoratrici sono stati gradualmente sostituiti da accademici. Uno studio ripercorre questa tendenza nell'ultimo secolo.
Keystone-SDA, hm, ats
16.07.2024, 15:00
16.07.2024, 15:08
SDA
Da trent'anni la sinistra domina le principali città elvetiche (fa eccezione solo Lugano), una situazione che contrasta con l'egemonia della destra nei cantoni e nel parlamento federale, ricorda oggi Le Courrier. Ma chi sono gli eletti che compongono la sinistra urbana? Una ricerca dell'Università di Losanna traccia l'evoluzione dei profili politici dal 1910 al 2020 a Basilea, Ginevra, Losanna e Zurigo.
«Nella seconda metà del XX secolo si è verificata un'importante trasformazione», spiega al quotidiano uno degli autori dello studio, Baptiste Antoniazza. «Fino al 1957 la maggioranza dei membri di sinistra nei consigli comunali cittadini erano lavoratori manuali. Dal 1980 questa rappresentanza si è ridotta ad appena l'1% (rispetto al 5% dei partiti di destra). È stata in qualche modo sostituita da esponenti della classe media, principalmente delle professioni sanitarie, sociali, educative e culturali».
«Nel 2020, circa l'80% dei rappresentanti eletti dai socialisti e dai Verdi aveva una laurea, rispetto al 59% dei partiti di destra», prosegue il politologo e storico. «Notiamo anche che all'inizio del XX secolo la percentuale di eletti di sinistra con una professione liberale era molto bassa. Oggi, i profili tendono a essere simili al resto dello spettro politico, anche se ci sono ancora un po' più professioni liberali a destra (25% rispetto al 34% a destra nel 2020)».
Il volto degli eletti di sinistra è mutato. «I posti di lavoro nelle città sono cambiati, il settore dei servizi si è sviluppato. E negli anni '70 e '80 l'ideologia di sinistra si è trasformata, con l'ascesa di nuovi movimenti sociali, pacifisti, femministi o ambientalisti. Gli attivisti si sono uniti ai partiti esistenti e ne hanno fondati altri, tra cui il partito ecologista. Questi attivisti hanno portato sul tavolo nuove questioni, non provengono più dalle classi lavoratrici, hanno un'istruzione universitaria».
Si è assistito così a un importante cambiamento dei programmi. «La prima volta che la sinistra ha dominato nelle città è stato tra le due guerre», spiega l'esperto. «Arrivò al potere in un periodo di crisi economica, con soluzioni keynesiane per la ripresa, con grandi progetti urbani e misure di protezione sociale: l'obiettivo era quello di dare sollievo alle classi lavoratrici durante il difficilissimo periodo degli anni Trenta. Fino all'inizio degli anni '80, i programmi politici della sinistra si sono basati sulla difesa dello stato sociale e dell'edilizia abitativa.
Poi c'è stato un cambio di passo. «Per tutti gli anni '80, i partiti della sinistra urbana hanno enfatizzato nuovi temi, tra cui la qualità della vita, lo sviluppo dei trasporti pubblici, la pedonalizzazione delle strade e gli spazi verdi. Questo ha fatto presa sulla classe media salariata ed è stato uno dei motivi del loro successo elettorale negli anni Novanta. La sinistra al potere ha ripreso anche vecchi temi della destra, come l'attrattiva economica delle città. Si è anche assistito a una trasformazione del modo in cui vengono condotte le campagne elettorali, con alcuni candidati che sono diventati iper-personalizzati, come nel caso di Yvette Jaggi a Losanna nel 1989».
Secondo gli autori dello studio i partiti di sinistra potrebbero cercare di riattivare il sostegno delle classi popolari per allargare il loro elettorato. «Se vogliamo proposte pensate per le classi lavoratrici, forse una soluzione sarebbe una migliore rappresentanza di persone provenienti da questi contesti tra i rappresentanti eletti dai partiti», osserva lo specialista. «Potrebbero concentrarsi su determinati temi. A tal fine, si potrebbero prevedere liste di candidati che riflettano meglio il profilo sociologico della popolazione. Così come i partiti hanno introdotto quote per il numero di donne nelle loro liste potrebbero considerare l'introduzione di quote per i tipi di professioni esercitate, al fine di avere liste più rappresentative».
«Nella prima metà del XX secolo, la formazione al lavoro politico nei partiti e nei sindacati era più intensa e consentiva alle persone provenienti da contesti operai di scalare i ranghi degli organismi sindacali e di diventare attivi all'interno dei partiti», continua l'intervistato. «Questo aspetto è gradualmente scomparso dalla cultura dei partiti di sinistra e i legami tra partiti e sindacati si sono sempre più indeboliti, a favore soprattutto delle associazioni di interesse pubblico: sociali, culturali o di tutela della natura», conclude Antoniazza.