Cinque partecipazioni alle Olimpiadi. 265 partite in nazionale. Otto titoli di vincitrice di Campionato con l’HC Lugano Ladies. Nicole Bullo (35 anni) è un’icona dell’hockey su ghiaccio svizzero. Ora vuole dare una scossa alla PostFinance Women’s League con l’Ambrì-Piotta, e festeggiare la sua prima Spengler Cup.
In cooperazione con PostFinance
20.12.2023, 06:00
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Quando si parla di hockey su ghiaccio in Ticino, la domanda è una sola: Ambrì-Piotta o Lugano?
Nicole Bullo: Purtroppo devo deludervi: sono una ticinese atipica, perché tifo per entrambi i club. Sono cresciuta vicino a Biasca, a Claro, e ora vivo nel Luganese. Ma nella mia famiglia c’è una maggioranza piuttosto netta di tifosi dell’Ambrì. Mia sorella Christina e mia madre, ad esempio, sono grandi tifose dell’Ambrì. Però c’è anche qualche cugino o zio che tifa per l’HC Lugano. Per quanto mi riguarda, se una squadra ticinese gioca contro una squadra di qualsiasi altra parte della Svizzera, viene sempre prima il Ticino!
Qual è la differenza più grande tra i DNA dei due club?
Credo che sia soprattutto una questione geografica. Il territorio dell’Ambrì inizia nel Sopraceneri, cioè a nord del Monte Ceneri. Ma anche nella parte più a sud, ad esempio a Mendrisio o a Chiasso, la gente tifa per lo più per l’Ambrì. I tifosi del Lugano sono in genere originari di Lugano.
Lei ha giocato per il Lugano per metà della sua vita, per più di vent’anni. Non è stato uno shock culturale arrivare nella Leventina?
No. Al contrario: è stato come tornare a casa, un ritorno alle mie radici. Lo stadio del ghiaccio di Biasca è il centro della vita sportiva delle Ambrì-Piotta Girls. È lì che ci alleniamo e dove abbiamo il nostro spogliatoio. All’HC Biasca sono cresciuta dal punto di vista sportivo: lì ho giocato con i ragazzi fino ai 14 anni, poi mi sono dovuta trasferire a Lugano, perché era l’unico posto in Ticino ad avere una squadra femminile di alto livello.
E perché ora è passata all’Ambrì?
Perché le Lugano Ladies, che da ormai cinque anni erano sotto un’altra dirigenza rispetto all’HC Lugano (la squadra maschile), volevano ritirarsi per motivi finanziari. All’inizio ho considerato l’idea di ritirarmi. Dopo tutto, ho raggiunto un’età in cui non posso più pensare di giocare all’infinito. Ma poi il progetto all’Ambrì-Piotta ha preso forma, e io ci ho visto una grande opportunità. Con le infrastrutture e l’organizzazione di un grande club, ci sono possibilità del tutto nuove per le donne. Tutto ciò per cui ho dovuto lottare durante tutta la mia vita di sportiva (buoni orari di allenamento, spogliatoio riservato, palestra, assistenza medica), ora lo otteniamo automaticamente.
Ha preso in mano bastone e disco per la prima volta a cinque anni. Cosa l’ha fatta avvicinare all’hockey su ghiaccio?
In realtà ho iniziato con il pattinaggio artistico, ma dopo tre o quattro lezioni ho dovuto ammettere che non era il mio sport. Dell’hockey su ghiaccio, invece, mi sono innamorata subito. Da bambina ho giocato anche a basket, tennis e calcio. Mio padre, Daniele Bullo, era un giocatore professionista all’FC Lugano. Ma il mio amore era l’hockey su ghiaccio.
«Probabilmente ero l’unica ragazza in tutto il Ticino a giocare a hockey su ghiaccio. Questo è sicuramente cambiato.»
Cosa è cambiato da allora?
(ride) Praticamente tutto. Sono sempre stata l’unica ragazza nella squadra dei ragazzi, e probabilmente ero l’unica ragazza in tutto il Ticino a giocare a hockey su ghiaccio. Questo è sicuramente cambiato. Oggi le porte di praticamente tutti i club sono aperte anche alle ragazze.
Quanto è importante che ora anche i grandi club stiano puntando sull’hockey su ghiaccio femminile?
Come detto, è fondamentale. Porta il nostro sport a un altro livello, sia in termini di infrastrutture che di organizzazione. Per noi giocatrici c’è una bella differenza tra potersi allenare alle 19 o, come succedeva in passato, non prima delle 21. Tornare a casa dall’allenamento solo a mezzanotte significa stravolgere tutto il ritmo.
Una donna può guadagnare denaro giocando a hockey su ghiaccio in Svizzera?
All’Ambrì-Piotta abbiamo un modello che copre le spese. Però ci alleniamo solo di sera, in modo che tutte possiamo comunque avere un lavoro. Io lavoro per un’agenzia di eventi internazionale. Altri club come ad esempio Zug, Davos o ZSC Lions hanno già un modello semiprofessionale. Sono soddisfatta dei miglioramenti a cui stiamo assistendo. Stiamo avanzando passo dopo passo.
Supporto per l’hockey su ghiaccio svizzero
Da molti anni PostFinance è strettamente legata allo sport svizzero dell’hockey su ghiaccio: con la sua sponsorizzazione, l’azienda sostiene le due più alte leghe di hockey su ghiaccio della Svizzera, la PostFinance Women’s League e la National League.
PostFinance si concentra sulla promozione delle giovani leve, ad esempio con i Top Scorer, che da questa stagione vanno a caccia di punti anche nella PostFinance Women’s League.
Parliamo della nazionale. Con 265 partite giocate, il suo è un vero e proprio record. Cosa significa per lei questa cifra?
Non mi sono mai focalizzata su questo record. Sono piuttosto i bei ricordi che significano molto per me: ad esempio, quando ci siamo qualificati per la prima volta alle Olimpiadi invernali nel 2006, o quando abbiamo vinto la medaglia di bronzo ai Mondiali del 2012 e alle Olimpiadi invernali del 2014 a Sochi. Sono esperienze indimenticabili.
Com’è stato partecipare per la prima volta al Campionato mondiale nel 2004?
Siamo partite praticamente da zero. Abbiamo dovuto prendere ferie e pagare di tasca nostra parte del campo di allenamento. E pernottavamo nelle strutture della protezione civile. Nessuno si aspettava che delle donne potessero giocare a hockey su ghiaccio. Per fortuna, ora le cose sono cambiate.
Con cinque partecipazioni alle Olimpiadi, può dire di fare parte di una cerchia illustre. Come ripensa alle Olimpiadi oggi?
È sempre stato un grande onore per me rappresentare la Svizzera e nutro un’immensa gratitudine per quest’opportunità. In realtà, mi sarei dovuta ritirare dopo quattro partecipazioni olimpiche: il mio ritiro dalla squadra nazionale era previsto dopo il Campionato mondiale del 2020. Ma poi è arrivata la pandemia e i Mondiali sono stati cancellati. E io mi sono detta: non puoi smettere così. Così ho partecipato ai Giochi invernali a Pechino.
Il Campionato è la chiave per rafforzare ancora di più la nazionale?
Senza dubbio. La PostFinance Women’s League è la base per il successo internazionale. Solo poche delle nostre giocatrici giocano all’estero, perciò abbiamo bisogno di un campionato competitivo per mantenere alti il livello e l’intensità di giorno in giorno.
La partita contro l’HC Davos a margine della Spengler Cup è un altro momento importante. Quali emozioni suscita in lei questo evento?
Grandi emozioni! Ero presente come tifosa quando la squadra maschile dell’Ambrì-Piotta ha giocato per la prima volta alla Spengler Cup. Avevamo regalato quel viaggio a mia madre. Mi sembrava che tutta la Leventina fosse lì a Davos: è stato incredibile. E mi viene la pelle d’oca solo a immaginare che sarà di nuovo così.
Quali sono le prospettive dell’Ambrì-Piotta per il Campionato?
L’inizio è stato positivo. La squadra ha trovato la sua strada e sta rimanendo nel gruppo di testa. Ma la concorrenza di Zurigo e Berna è forte. Non ci resta che continuare a impegnarci e a lottare.
... E quali le sue dopo questa stagione?
Vedremo. Alla mia età, un’atleta di punta non può più pianificare a lungo termine. Ma finché mi diverto e il mio fisico tiene duro, vorrei continuare per un’altra stagione.
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