All'indomani del «no» (61,7%) degli Svizzeri all'iniziativa popolare dell'UDC per la limitazione, la stampa elvetica parla di «schiaffo» e «fiasco» per i democentristi che hanno perso quattro dei cinque oggetti sottoposti a votazione.
Sui giornali svizzeri-tedeschi si sottolinea la vera e propria «professione di fede» per la via bilaterale espressa dal popolo svizzero.
Per il «Blick», la prima formazione politica del Paese ha registrato il «più grande fiasco da quando Christoph Blocher è stato cacciato dal Consiglio federale nel 2007». Il testo dell'Unione democratica di centro ha ottenuto soltanto poco più del 38% dei voti, «con l'immigrazione quale tema centrale!«, scrive senza mezzi termini il quotidiano zurighese.
«La direzione dell'UDC si è rotta i denti attaccando la libera circolazione», ha rilevato dal canto suo il Tages-Anzeiger. Il «no» degli Svizzeri «deve far riflettere il partito: ha unito due dei suoi temi favoriti, l'immigrazione e le relazioni con l'UE, in un'iniziativa popolare. Ma non è neppure riuscito a suscitare una discussione», ha aggiunto il Tagi.
La Südostschweiz si spinge ancora più lontano, parlando di un declino dell'UDC. «Il partito ha finito le forze. Manca di percussione e di leader, come ha mostrato il valzer pieno di esitazioni per nominare un nuovo presidente. Il giornale ritiene che gli accordi bilaterali con l'UE siano sempre stati apprezzati dagli Svizzeri, che li hanno sempre difesi.
Sulla stessa lunghezza d'onda la Neue Zuercher Zeitung. «Dopo la parentesi (dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa accolta nel 2014 ndr), la Svizzera ha confermato per l'ennesima volta la libera circolazione delle persone e gli accordi bilaterali con l'UE», scrive il quotidiano zurighese, il quale sottolinea come, sebbene abbia bisogno di due o tre tentativi, la Svizzera «resta il partner più affidabile a lungo termine» per l'Unione europea.
«Retrospettivamente il 'sì' all'iniziativa sull'immigrazione di massa nel 2014 sembra essere un incidente di percorso», precisa dal canto suo il Bund. «Gli Svizzeri hanno meno problemi con gli Spagnoli, gli Europei dell'Est e tutti gli altri cittadini dell'UE che lavorano e vivono qui rispetto a quanto pretende l'UDC», aggiunge il giornale bernese. «La chiara approvazione della libera circolazione delle persone mostra che il disagio è limitato, che si tratti di concorrenza sul luogo di lavoro, l'espansione urbana o istituzioni di protezione sociale».
Anche stampa romanda molto critica
Anche sulla stampa romanda i toni sono critici nei confronti del primo partito elvetico. «È una domenica nera» per l'UDC, scrive il Journal du Jura, parafrasando il consigliere federale Jean-Pascal Delamuraz dopo il «no» degli Svizzeri allo Spazio economico europeo (SEE) nel 1992: «cinque oggetti in votazione quattro sconfitte». «Tre cittadini su cinque hanno spazzato via l'iniziativa molto populista detta della limitazione», ha precisato il quotidiano. «In una fase in cui la crisi suscitata dalla pandemia del coronavirus ha colpito in pieno l'economia del Paese, gli elettori non hanno voluto aggiungere un'ulteriore difficoltà».
Con il Covid-19, «certe bussole hanno ritrovato il nord», sottolinea il quotidiano ginevrino Le Courrier, mettendo in risalto le quattro vittorie della sinistra su cinque oggetti sottoposti al popolo. A «una chiusura delle frontiere come comportava l'iniziativa per la limitazione dell'UDC», gli Svizzeri hanno preferito «trovare una via dinamica di scambi con i Paesi vicini proteggendo i salariati, di cui i nostri ospedali hanno peraltro bisogno», aggiunge Le Courrier.
Per Le Temps, un «no» con oltre il 61% dei voti è «un plebiscito per la libera circolazione delle persone» e una conferma che «la via bilaterale è la buona strategia» da adottare con Bruxelles. Se tale successo è dovuto a una «campagna esemplare» con una «forte alleanza» tra padronato e sindacati, è «anche quello di una donna: Karin Keller-Sutter», la ministra della giustizia che si è impegnata «fermamente in questa votazione con un discorso chiaro e positivo (...). Con questa vittoria, la sangallese assume una nuova dimensione in seno al governo», aggiunge il quotidiano romando.
Oltre all'attaccamento agli accordi bilaterali, il popolo svizzero «ha chiaramente riconosciuto il suo errore del 9 febbraio 2014, quando una debole maggioranza aveva accettato l'iniziativa contro l'immigrazione di massa», scrive dal canto suo Le Quotidien Jurassien. Tale «no» alle urne «era cruciale per il futuro del Paese sul piano economico, ma anche per le relazioni di buon vicinato con l'Unione europea».
Infine, per La Liberté, se «il primo partito del Paese ha ricevuto uno schiaffo sul suo terreno di predilezione», il risultato di domenica è «un sì all'Europa a determinate condizioni». «Il Consiglio federale dovrà in effetti decidere nelle prossime settimane se firmare o no l'accordo istituzionale con l'UE», ricorda il quotidiano friburghese. «Orbene, come la meteo, il termometro politico, in Svizzera, ha perso brutalmente qualche grado e il progetto sul tavolo non convince più».
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