Politica Sangue sul voto in Pakistan, almeno 10 agenti uccisi

SDA

8.2.2024 - 21:24

Resta da vedere quanti dei 128 milioni di elettori si sono recati ai seggi per scegliere tra gli oltre 5'000 candidati.
Resta da vedere quanti dei 128 milioni di elettori si sono recati ai seggi per scegliere tra gli oltre 5'000 candidati.
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In Pakistan si sono svolte in un clima di violenza le elezioni parlamentari e provinciali e ancora prima della chiusura dei seggi, da molte parti sono state sollevate accuse di irregolarità e condizionamenti.

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A cominciare dalla decisione delle autorità di disattivare le reti di telefonia mobile e internet per «motivi di sicurezza». «Come risultato dei recenti episodi di terrorismo nel paese, sono andate perdute vite preziose. Le misure di sicurezza sono essenziali», ha affermato un portavoce del ministero dell'interno, con un evidente riferimento ai due attentati contro altrettanti uffici di candidati alle elezioni nella provincia del Baluchistan in cui sono morte almeno 28 persone, e che sono stati rivendicati dallo Stato islamico.

In quest'atmosfera, sono stati dispiegati oltre 650'000 membri del personale dell'esercito, dei paramilitari e della polizia. Ma nonostante ciò, 12 persone sono rimaste uccise, tra cui 10 agenti del personale di sicurezza, e una quarantina di altre sono rimaste ferite. In tutto, gli attacchi terroristici sono stati oltre 50, secondo quanto ha reso noto l'esercito.

La sospensione di Internet è però stata giudicata da molti come una misura tesa ad ostacolare quantomeno un ampio afflusso alle urne, che potrebbe invece facilitare il Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), il partito dell'ex primo ministro Imran Khan, che è stato estromesso dal potere da quasi due anni, ma che ancora gode di una vasta popolarità, nonostante sia ora in prigione con una serie di condanne a molti anni di reclusione, per corruzione, tradimento e anche per il suo matrimonio, giudicato non islamico o illegale.

Secondo le previsioni, il Pakistan Muslim League Nawaz (Pml-N) del già tre volte premier Nawaz Sharif, sostenuto dal potente establishment militare, dovrebbe uscire vincitore della consultazione, anche se non è certo che possa avere la maggioranza assoluta.

Per poter essere nominato di nuovo premier, Sharif potrebbe dunque dover ricorrere al sostegno del Partito popolare pakistano (PPP), guidato dalla potente dinastia della famiglia Bhutto, che pure ha inviato una lettera al giudice supremo esortandolo a ordinare il ripristino di Internet, sostenendo che ciò avrebbe «influito sull'affluenza alle urne».

Certo una posizione più morbida rispetto al PTI, che ha invece parlato di «una mossa codarda» affermando che «questa non è democrazia; è tirannia mascherata da governo».

Parole particolarmente dure anche perché ai candidati sostenuti dal PTI è stato vietato utilizzare il simbolo del partito e pertanto si sono dovuti presentare come indipendenti, utilizzando altri simboli finora sconosciuti, mentre i simboli elettorali sono determinati in un paese dove oltre il 40% della popolazione non sa leggere.

Resta dunque da vedere quanti dei 128 milioni di elettori si sono recati ai seggi per scegliere tra gli oltre 5'000 candidati, di cui solo 313 donne. Non è peraltro neanche chiaro quando verranno annunciati i risultati, che dovrebbero comunque essere pubblicati entro due settimane dal giorno delle elezioni.