Conflitti Una guerra senza fine: numerosi afgani accusano gli Stati Uniti

AP

22.11.2018

Nel 2001, gli americani furono accolti in Afghanistan come dei liberatori. Tuttavia, dopo 17 anni di guerra e la riapparizione dei talebani, la situazione è decisamente cambiata.

Hamidullah Nasrat era felice quando, nel novembre del 2001, gli americani e i loro alleati afgani marciarono su Kabul e cacciarono i talebani. Come molti altri dei suoi concittadini, ha accolto i soldati statunitensi come dei liberatori. Oggi, però, è profondamente deluso: dopo 17 anni di guerra, la milizia radicale islamista controlla di nuovo la metà del Paese e la situazione in termini di sicurezza non è mai stato così pesante.

«Dopo la partenza dei talebani, speravamo nel ritorno di giorni migliori, ma la situazione ormai si deteriora quotidianamente», dichiara Hamidullah Nasrat, che vende tessuti nella strada principale del bazar di Kaul. «Come è possibile che una superpotenza come gli Stati Uniti non riesca a fermare i talebani? Tutti gli afgani se lo chiedono».

Ma non è tutto. Dopo anni di frustrazione, numerosi cittadini della nazione asiatica ritengono ormai gli americani responsabili della situazione nella quale si trovano. E le teorie del complotto si moltiplicano. Così, alcuni affermano che gli Stati Uniti non siano inciampati per caso in questa guerra che sembra interminabile, ma abbiano pianificato tutto dall'inizio.

2400 soldati americani caduti in combattimento

La realtà è che il bilancio è tutto fuorché positivo per gli americani. Gli Usa hanno perso infatti 2400 soldati nella più lunga guerra che abbiano mai combattuto fino ad oggi e hanno speso più di 900 miliardi di dollari, da una parte per le operazioni militari, dall'altra per la costruzione di strade, ponti o centrali elettriche. 

Tre presidenti americani hanno promesso di ristabilire la pace in Afghanistan: in alcuni casi grazie all'invio di altri soldati, in altri attraverso il ritiro delle truppe, integrando i talebani o escludendoli del tutto. L'anno scorso, gli Stati Uniti hanno anche sganciato la «madre di tutte le bombe» su un sistema di tunnel sotterranei. Senza successo.

Mohammed Ismail Kassimjar, che fa parte dell'Alto consiglio per la pace, si dice sorpreso del fatto che gli Stai Uniti e la Nato non siano riusciti a sconfiggere i talebani.
Mohammed Ismail Kassimjar, che fa parte dell'Alto consiglio per la pace, si dice sorpreso del fatto che gli Stai Uniti e la Nato non siano riusciti a sconfiggere i talebani.
Keystone/AP

Mohammed Ismail Kassimjar si chiede perché i membri delle forze americane e della Nato presenti sul posto (fino a 150.000 in alcuni momenti), spalleggiati da centinaia di migliaia di soldati afgani, non siano riusciti a sconfiggere alcune decine di migliaia di talebani: «O non volevano farlo, oppure non ne erano capaci», spiega l'uomo, che fa parte dell'Alto consiglio afgano per la pace. Il sospetto che avanza Kassimjar è che gli Stati Uniti e il Pakistan, loro alleato, abbiano deliberatamente gettato l'Afghanistan nel caos per giustificare la presenza permanente di soldati stranieri, ad oggi 15.000.

L'inferno al posto del paradiso

L'obiettivo? Sfruttare l'Afghanistan come base strategica per sorvegliare l'Iran, la Russia e la Cina, suppone ancora Kassimjar, che denuncia: «Non hanno creato un paradiso, ma un vero e proprio inferno».

Quando, il mese scorso, il potente capo della polizia di Kandahar, Abdul Rasik, è stato ucciso in un attentato, le speculazioni secondo le quali il generale sarebbe stato vittima di un complotto americano si sono moltiplicate sui social network. Su internet, alcuni hanno perfino gioito alla notizia dei recenti attacchi nel corso dei quali alcuni soldati afgani hanno ucciso degli alleati americani e della Nato.

Nel 2011, il popolo sosteneva ancora pienamente l'impegno straniero nel Paese. E la situazione è rimasta tale per parecchi anni, ha dichiarato in una recente intervista Hamid Karzai, che ha governato l'Afghanistan dal 2001 al 2014. «Gli Stati Uniti, in seguito, hanno cambiato strategia o semplicemente la loro percezione della popolazione afgana, smettendo di curarsi delle condizioni degli abitanti del Paese».

Un governo notoriamente corrotto

Per Karzai, se la guerra dovesse continuare sarà a causa degli Stati Uniti che non sono riusciti a distruggere i rifugi dei talebani in Pakistan, hanno bombardato dei villaggi afgani e imprigionato dei cittadini. Altri pensano che il responsabile sia invece il governo notoriamente corrotto di Kabul, che è stato diretto proprio da Karzai per più di un decennio. E che una parte sempre più importante della popolazione vede come un frutto amaro dell'invasione americana.

L'ex presidente afgano Hamid Karzai ha criticato l'impegno degli Stati Uniti. Ma lui stesso è considerato come corrotto da buona parte dei suoi concittadini.
L'ex presidente afgano Hamid Karzai ha criticato l'impegno degli Stati Uniti. Ma lui stesso è considerato come corrotto da buona parte dei suoi concittadini.
Keystone/AP

«Tutto il denaro che è arrivato nel Paese è finito nella tasche di chi era al potere. I poveri non hanno avuto nulla», dichiara Hadschdschi Akram, lavoratore occasionale di Kabul che guadagna circa quattro franchi al giorno e fatica a dare da mangiare alla propria famiglia. «Gli stranieri non hanno migliorato le cose. Devono andarsene».

Tuttavia, gli abitanti non sono i soli a lamentarsi. Anche John Sopko, ispettore generale americano per la ricostruzione dell'Afghanistan, si è mostrato molto critico. Di recente, ha insistito sul fatto che gli Stati Uniti abbiano stanziato 132 miliardi di dollari per risollevare il Paese: più di quanto fu fatto per l'Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale. Avrebbero inoltre speso altri 750 miliardi di dollari per le operazioni militari e sborsato quattro miliardi all'anno per le forze di sicurezza afgane. 

Il risultato? «Anche dopo 17 anni di sforzi e di generosità finanziaria da parte degli Usa e della coalizione, l'Afghanistan resta uno dei Paesi più poveri, più corrotti e meno istruiti al mondo», ha dichiarato Sopko. «E anche uno dei più violenti».

Attacchi quasi quotidiani

Nel 2014, gli Stati Uniti e la Nato hanno ufficialmente concluso il loro intervento militare in Afghanistan. Da quel momento, i talebani colpiscono quasi ogni giorno i posti di controllo rurali e effettuano attacchi coordinati nelle grandi città. Le autorità non pubblicano neanche più le cifre relative al numero di vittime.

Gli afgani che di recente sono stati in prima linea nei combattimenti contro i talebani lamentano dotazioni difettose e la mancanza di rifornimenti. Il morale delle truppe è ai minimi storici e numerosi soldati hanno perfino espresso simpatia per i talebani, spiega Tamim Darwesch, che per cinque anni ha combattuto nella provincia di Helmand. Particolarmente frustrato, quest'anno ha deciso di non fare più parte dell'esercito: oggi guadagna di che vivere con dei lavori giornalieri.

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