«La Compagnia del Cigno»«La Compagnia del Cigno», Ivan Cotroneo: «Non penso alla terza stagione»
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21.5.2021 - 11:21
La seconda stagione della fiction si è conclusa con successo domenica scorsa.
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21.05.2021, 11:21
21.05.2021, 12:26
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Brutte notizie per i fan de «La Compagnia del Cigno»: la fiction di successo di Rai 1 con protagonista Alessio Boni potrebbe non avere una terza stagione.
A rivelarlo è stato il regista della serie tv, Ivan Cotroneo, intervistato da TvBlog: «A me e Monica Rametta, che abbiamo scritto «La compagnia del Cigno» e tanti altri progetti originali, piace chiudere le stagioni, ci piacciono le storie che si concludono. Da spettatore, trovo veramente frustrante quando, e disgraziatamente succede abbastanza di frequente, le stagioni si concludono con un finale aperto, e poi per motivi vari, principalmente legati all’ascolto, non hanno un seguito».
E ancora: «Per questo motivo la seconda stagione del Cigno si chiude in maniera netta, e ci sono anche dei flash forward di quello che succederà ai ragazzi nel futuro, perché ci piaceva proiettarli oltre il momento del concerto finale. Ciò detto, io penso che l’arena del racconto, e il mondo della musica e dello studio di questi ragazzi si presti comunque a evoluzioni narrative, poiché è ricco, vasto e vario. Direi che per il momento non stiamo pensando a una terza stagione, l’arco narrativo di questa stagione della vita dei ragazzi è pienamente e con nostra soddisfazione chiuso, ma questo non vuol dire che non sia possibile».
«La Compagnia del Cigno» è stata premiata con il Diversity Media Award come Migliore Serie Italiana. A proposito del tema dell’inclusione, in un periodo in cui si dibatte fortemente della possibilità di approvare il Ddl Zan contro l’omotransfobia, Cotroneo ha detto: «Di recente in un’intervista al telegiornale in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, mi è stato detto che nella mia attività di scrittore e regista mi sono distinto per la rappresentazione di questi temi. Ecco, credo sia ora che qualcosa cambi, nel senso che chi si occupa di rappresentare le diversità non dovrebbe distinguersi, ma essere insieme agli altri, essere la regola. La mancata rappresentazione è una forma pericolosa di censura. Talvolta mi chiedo, quando vedo serie televisive arrivate a un numero di stagioni importante, con centinaia di episodi, come mai in tutta questa rappresentazione della realtà non si sia mai pensato di mettere in scena la storia di un gay, di una lesbica, di una persona transgender. E la risposta che mi do è che non è accaduto per caso, è una scelta voluta, e per me grave. Perché la rappresentazione, la sola rappresentazione della realtà, aiuta la lotta per i diritti civili, che sono patrimonio di tutti».
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