Locarno Film FestivalLorenz Merz: «Volevo rendere il film un'esperienza universale»
sifo, ats
8.8.2021 - 20:56
«Soul of a Beast» di Lorenz Merz, unico film svizzero nel Concorso internazionale del Locarno Film Festival, è ricco di poesia e una riflessione collettiva su amore, amicizie e morte. Keystone-ATS ha incontrato il regista in occasione della prima mondiale.
Keystone-SDA, sifo, ats
08.08.2021, 20:56
08.08.2021, 21:11
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«Soul of a Beast», presentato in anteprima mondiale venerdì a Locarno narra gli alti e bassi della vita dell'adolescente-padre Gabriel (Pablo Caprez), in particolare la sua relazione con Corey (Ella Rumpf), la ragazza del suo migliore amico Joel (Tonathiu Radzi), di cui si innamora.
Il regista zurighese Lorenz Merz (1981), in un'intervista accordata all'agenzia stampa Keystone-ATS, ha indicato che questa storia è stata ispirata dalla sua stessa vita. A 18 anni Merz, nello stesso periodo in cui è diventato padre, ha perso i suoi migliori amici in un incidente d'auto, queste due esperienze completamente opposte hanno fatto nascere in lui due sensazioni strazianti ed estremamente forti.
Diventando padre Merz afferma di essersi liberato internamente, acquisendo responsabilità in un momento della vita in cui ciò che desiderava era piuttosto la libertà nel senso largo: la nascita del figlio «è stato come uno squarcio nel cielo, un momento di percezione che non avevo mai avuto prima».
La poetica dell'immagine
Merz si è detto molto felice che il suo film sia stato scelto per il Concorso internazionale, precisando che il direttore artistico del festival Giona A. Nazzaro ha voluto assolutamente la pellicola nel Concorso non appena aver finito di visionarlo.
Perché «Soul of a Beast» è un film molto forte, con una dimensione tutta sua in cui sogno e realtà si mescolano. A scandire la poetica del film si aggiunge un narratore con una voce filosofica e che parla giapponese «con un tono ironico quasi patetico». Queste frasi servono «da aiuto per lo spettatore, come una sorta di pausa di riflessione».
Il regista ha voluto questo perché «nel corso del film si passa sempre più ad un punto di vista interno del personaggio principale, in cui non è più chiaro se ci si trova nella sua immaginazione o nella vita reale».
Merz definisce l'apparizione ricorrente della spada giapponese catana che Gabriel impugna nel film come «una possibilità, entra in gioco come un'anticipazione di ciò che il personaggio principale deve diventare: un vero guerriero».
Esperienza collettiva
«Soul of a Beast» è stato interamente girato a Zurigo, eppure potrebbe benissimo essere ambientato altrove. Infatti, grazie all'uso del formato 4:3, alla musica esotica e ai vari piani d'immagine lo spettatore viene trasportato in un posto qualunque. Merz ha usato questo formato perché «è un modo più concentrato e compatto di vedere il mondo, che permette di avere un'intimità e un'intensità maggiore». Il formato 4:3 ha permesso anche di ridurre i costi di produzione, grazie ad un set più piccolo, nonché di rendere Zurigo più credibile.
Lorenz Merz ha affermato che queste scelte erano volute per poter parlare alla collettività e perché ognuno di noi possa identificarsi in queste immagini. «Volevo fare un film autentico della città in cui sono cresciuto ma renderlo al contempo universale perché tutti potessero capire», dice.
Casualità e causalità
Il film contiene per caso elementi che ci ricordano la pandemia come coprifuoco e altre misure che restringono la libertà personale. Questo è totalmente casuale, conferma Merz, infatti il film è stato girato nell'estate del 2017, quindi ben prima: «il montaggio è durato a lungo, ci abbiamo messo un po' prima di trovare il punto saliente del film».
Nella pellicola ci sono scene di rivolte che sembrano anticipare la pandemia, Merz cita la morte di George Floyd e le successive manifestazioni che hanno riunito migliaia di persone in tutto il mondo.
Il regista nel film ha voluto anche approcciare il nesso di causalità delle azioni dei personaggi ma, in un secondo piano, anche quelle di noi tutti.