Ieri sera l'attrice, regista, produttrice e vincitrice del Premio Oscar Tilda Swinton era ospite al Filmpodium di Zurigo. Nel corso dell'intervista davanti a un folto pubblico, la scozzese ha dichiarato di non essere affatto un'attrice.
Keystone-SDA, zm, ats
01.06.2022, 18:08
01.06.2022, 18:18
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La star della serata ha fatto la sua entrata nella sala cinematografica presa per mano dalla direttrice del Filmpodium Nicole Reinhard. La sindaca di Zurigo Corine Mauch ha parlato molto giustamente di «Swintonism», rivolgendosi all'attrice come una fan di lunga data e elogiandola per la sua capacità di «sfruttare ogni opportunità per ottenere ancora più libertà». Il moderatore della conversazione che è seguita, il redattore culturale della testata Wochenzeitung (WoZ) Florian Keller, ha poi concordato con Swinton il termine «Swintoniani» per tutti i presenti.
Tilda Swinton ha accolto positivamente e sinceramente le parole di ammirazione e questa adorazione collettiva della sua persona. Ha infatti ricambiato l'affetto rivolgendosi al moderatore per nome nelle sue risposte e prendendosi parecchio tempo per autografi, selfie e parole personali dopo il discorso. Ad esempio per due studentesse di cinema, che ha incoraggiato a non fermarsi mai con la loro arte. O per una donna a cui ha raccontato la storia di una foto in un'edizione apparentemente speciale del romanzo «Orlando», che le era stato chiesto di firmare.
L'eterna visitatrice
Tilda Swinton, che ha fatto il suo debutto nel 1986 in «Caravaggio» di Derek Jarman e che da allora ha lavorato con registi quali Sally Potter, Spike Jonze, Jim Jarmusch o Pedro Almodóvar, ieri sera non si è presentata come una star. «Non sono nemmeno un'attrice», ha detto la 61enne durante l'intervista. «Non so nulla di recitazione e francamente non voglio saperne nulla». Non si godrebbe il suo lavoro se sapesse troppo di regole e tecniche.
E con ciò ha alluso indirettamente alla dichiarazione precedente di Mauch. Alla libertà che si è sempre presa in tutto, di fare solo ciò che si sente di fare. Molti si sono disperati per questo, soprattutto coloro che volevano ingaggiare invano la Swinton per i loro progetti cinematografici. Una volta un agente di casting le ha chiesto con stizza «se questa Tilda Swinton avrebbe mai fatto eccezionalmente qualcosa che non volesse fare», ha raccontato l'attrice. È orgogliosa di questo aneddoto. «Questo è ciò che è richiesto nel cinema: fare qualcosa che non si vuole fare».
No, non si vede assolutamente come parte dell'industria, ha continuato. «Mi considero piuttosto una visitatrice costante del mondo del cinema». È legata alla sua famiglia, al suo giardino e ai suoi alberi, ma non al mondo del cinema. Anche se è stata coinvolta in quasi tutte le funzioni possibili e al Festival di Cannes ha fatto «praticamente tutto, a parte pulire i tappeti».
Non un addio ma un arrivederci
La vincitrice dell'Oscar ha parlato anche dei singoli film, della scelta dei ruoli e di come è stato interpretare i personaggi. Primo fra tutti «Orlando» (1992) di Sally Potter, a cui è associata oggi più che mai. La storia, tratta dall'omonimo romanzo di Virginia Woolf, è incentrata sul nobile Orlando, che non invecchia mai e cambia sesso.
Tilda Swinton, tuttavia, ritiene che anche questo film sia più incentrato sulla libertà che tanto ama che sulla questione di genere, oggi di grande attualità. Quindi, dice, l'autrice era meno interessata alla distinzione tra uomo e donna che alla resistenza, alla vita eterna di Orlando.
A inizio anno, il Fotomuseum di Winterthur (ZH) aveva esposto la mostra «Orlando – Based on a novel by Virginia Woolf» curata proprio dall'attrice, che si è rammaricata di non poter essere presente. Alla fine della serata ha promesso di tornare al Filmpodium alla prossima occasione.