Il Real Madrid ha sconfitto l'Eibar per 3-1. Il terzo gol dei blancos è stato segnato da Marcelo, che invece di esultare ha sfoderato il potente simbolo del pugno alzato al cielo.
Toni Kross - quarto minuto - Sergio Ramos - 30esimo - e Marcelo - 37esimo - hanno archiviato già al termine del primo tempo la prima sfida del Real Madrid al rientro dalla pausa forzata dalla pandemia.
L'incursore brasiliano dei Blancos, Marcelo, ha firmato la terza rete, dopodiché si è inginocchiato alzando il pugno al cielo.
Un gesto simbolico, quello del brasiliano, volto a sostenere il movimento di protesta che sta percorrendo i quattro angoli del globo in seguito alla morte di George Floyd, che ha scatenato reazioni violente dapprima a Minneapolis e poi in tutti gli Stati Uniti.
Black Power
Fu negli anni '60 e '70 che il movimento non organizzato 'Black Power' prese piede negli Stati Uniti. Un movimento volto a rivendicare l'uguaglianza tra bianchi e neri in una società - quella americana - sempre ancora spaccata da pregiudizi razziali e politiche ingiuste.
Due eventi simbolici scossero le coscienze delle masse sia nere che bianche, prima - e in maniera più marcata - negli Stati Uniti d'America, poi, nel resto del globo.
Il primo avvenne il 4 maggio del 1968 a Memphis, con l'uccisione del reverendo Martin Luther King, portavoce pacifico della comunità afro-americana alla ricerca di giustizia e uguaglianza.
Il secondo, pochi mesi dopo, coincise con la cerimonia di premiazione dei 100 metri maschili alle Olimpiadi di Città del Messico: gli statunitensi - di colore - Tommie Smith e John Carlos, dopo essere stati cinti delle rispettive medaglie d'oro e di bronzo, alzarono il pugno al cielo e abbassarono lo sguardo in segno di protesta, mentre nello stadio suonava l'inno americano.
Un pugno alzato al cielo, che divenne il simbolo del 'Potere nero', e che a distanza di più di cinquant'anni non ha perso il suo valore.
Nelson Mandela alza il pugno al cielo
Era l'11 febbraio del 1990 quando Nelson Mandela fu liberato dopo 27 anni trascorsi in prigione per essersi opposto al regime bianco sudafricano che aveva allora pieni poteri politici nel grande paese africano.
Mandela, accompagnato dall'allora moglie Winnie, varcò le porte del carcere di Pollsmoor alzando il pugno al cielo. Era l'inizio di una nuova era per il suo paese, che da lì a poco lo avrebbe eletto, democraticamente, quale primo presidente nero.
«Ho dedicato la mia vita a questa lotta del popolo africano. Ho combattuto contro la dominazione bianca, e ho combattuto contro la dominazione nera. Ho coltivato l'ideale di una società democratica e libera, in cui tutti i popoli possono vivere insieme in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di vivere e di vedere realizzato. Ma, mio Signore, se è necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire».
Nelson Mandela morì il 5 dicembre del 2013 a 95 anni. Il suo paese è oggi una nazione democratica a tutti gli effetti, ma lontana dall'ideale di uguaglianza per il quale Mandela lottò per gran parte della sua vita.
Il Sudafrica vive ancora delle profonde spaccature di ordine economico e sociale, delle quali sono ancora i non-bianchi a soffrire di più, ma non più in maniera esclusiva.
Un ideale di uguaglianza e pari opportunità che sembra ancora oggi una chimera non solo in Sudafrica, ma anche negli Stati Uniti e in altre innumerevoli nazioni del mondo.
Il gesto forte di Marcelo
Per la cronaca sportiva - eravamo partiti da lì - il Real Madrid ha vinto la sfida con l'Eibar con il risultato finale di 3-1, mantenendo due punti di distacco dal Barcelona, leader del massimo campionato spagnolo.
Marcelo, ha ricordato, una volta di più, quanta strada bisogna ancora percorrere fino a quando tutti noi - come comunità mondiale - potremo finalmente guardarci allo specchio senza vergognarci di appartenere alla stessa.