Tennis, famiglia, Federer, amicizie, dolore, Maiorca, Spagna, Europa, Covid-19 e spiritualità: un'intervista a 360° con il campionissimo di Manacor.
Bellissima l'intervista concessa da Rafael Nadal al Corriere della Sera. Il maiorchino, che appena un mese fa ha trionfato per la tredicesima volta in carriera al Roland Garros, si è concesso in modo onesto, presentando le fragilità dell'uomo Rafael, la forza del campione, il suo profondo legame con la sua terra e il suo concetto di spiritualità.
Il segreto per vincere 13 volte il Roland Garros
«Non lo so, ma se è successo a me, può succedere anche ad un altro», ha raccontato il campione spagnolo, che ricorda di sentirsi una persona normale, con le sue incertezze, debolezze e paure.
«Non ho mai paura di perdere, anche se penso sempre di poter perdere, contro chiunque. Questo aspetto credo mi aiuti moltissimo».
Prima di tutto maiorchino
A differenza di altri suoi colleghi, di molti sportivi, Rafael Nadal non è andato a vivere in un paradiso fiscale. Vive a Maiorca e paga le tasse in Spagna.
«Io sono spagnolo, felice di esserlo. Dirò di più, mi sento profondamente manacorì, maiorchino, spagnolo ed anche europeo. Mi sento quattro volte fortunato».
Durante l'alluvione che colpì l'isola delle Baleari, Nadal si era messo ad aiutare come uno qualunque, potendo, aveva aperto le porte della sua accademia per dare alloggio agli sfollati.
«Ho fatto quello che facevano tutti, e che avrebbe fatto chiunque al mio posto».
«Roger è svizzero, io sono latino»
Come anche nel caso di Roger Federer, pure Rafa Nadal puntualizza quanto la famiglia sia importante. Con il campione di Basilea ha una profonda amicizia, cimentata da diversi aspetti in comune: il desiderio di tranquillità e il rapporto stretto con la famiglia. In altre cose i due sono diversi, come ricorda il 34enne di Manacor.
«Roger è svizzero. Io sono latino. Abbiamo caratteri, culture e modi di vita differenti».
Famiglia, sinonimo di stabilità
Il vincitore di 20 Grand Slam ammette che la moglie Maria Francisca è il pilastro che sa dare stabilità ad una vita in continuo movimento. Come i suoi genitori del resto. Nel 2009 i Nadal si separarono per un periodo, oggi sono di nuovo insieme.
«Ne ho sofferto moltissimo - racconta lo spagnolo - perché senza la mia famiglia non avrei mai fatto nulla».
«Coltivare inimicizie mi stanca»
Sempre molto pacato, quasi timido e riservato, a Nadal è stato chiesto del suo rapporto 'ostile' nei confronti del collega australiano Nick Kyrgios.
«Solo una volta gli dissi quel che avevo da dirgli, e per me finì lì. Non è vero che non andiamo d'accordo. La verità è che coltivare inimicizie mi stanca».
Nonostante ciò Nadal non applaude - quasi mai - un bel colpo di un' avversario. Supponenza? No! Si tratta di una sua filosofia legata allo sport che lo ha reso ricco e famoso.
«Di rado lo faccio. Credo che noi non siamo sul campo per applaudirci, quello è un qualcosa che spetta al pubblico che ci segue».
La malformazione al piede sinistro
A diciannove anni, dopo aver conquistato il suo primo Roland Garros, i medici gli dissero che la malformazione al piede sinistro avrebbe concluso anzitempo la sua carriera.
Infatti «il dolore era tale che per continuare ad allenarmi colpivo la pallina da seduto, in mezzo al campo».
Gli proposero delle solette correttive, che tolsero il dolore al piede ma spostarono il problema sulle ginocchia. Dolori e sconfitte che Nadal non ha dimenticato nonostante gli innumerevoli successi.
«Piansi di dolore quando, nella finale degli Australian Open persa contro Stan Wawrinka nel 2014, mi infortunai alla schiena. Avevo appena vinto il primo set, poi alla fine ho perso la partita. Nonostante il dolore ho comunque portato a termine l'incontro, perché non ci si ritira da una finale di un Grande Slam.»
Covid-19
Rafael Nadal ammette serenamente di non aver paura per sé stesso, in quanto sa di essere ancora giovane e di essere in buona salute.
«Però so che se mi infetto, posso poi infettare persone a rischio». I suoi genitori e i suoi parenti.
«È il momento più duro nella nostra vita - dice il maiorchino - perché dobbiamo lottare per cose molto più importanti di una partita di tennis».
«Credo nelle brave persone»
Al termine dell'intervista - non prima di aver capito perché Nadal non scaraventa mai la racchetta per terra preso dalla rabbia, «Da piccolo mi hanno insegnato che non si fa: non è colpa della racchetta» - il giornalista del Corriere della Sera chiede al tennista spagnolo più vincente di tutti i tempi qual'è il suo rapporto con Dio, con la fede.
«Non lo so e non me lo chiedo. Per me l’importante è comportarsi bene e aiutare chi ne ha bisogno». Nadal dice di credere «nelle brave persone». Se Dio esiste davvero, «allora sarà meraviglioso».