In odore di nazismo Christie's blocca seconda asta di gioielli della collezione Horten

SDA

1.9.2023 - 15:37

Alcuni gioielli della collezione Horten esposti da Christie's a Ginevra prima dell'asta dello scorso maggio. (foto d'archivio)
Alcuni gioielli della collezione Horten esposti da Christie's a Ginevra prima dell'asta dello scorso maggio. (foto d'archivio)
Keystone

Dopo mesi di intense pressioni Christie's ha cancellato l'attesa seconda parte della vendita dei gioielli appartenuti a Heidi Horten, ereditiera austriaca in odore di nazismo.

La prima parte dell'asta, a maggio, aveva fruttato 202 milioni di dollari, battendo così i record precedenti stabiliti dai monili appartenuti ad Elizabeth Taylor e alla famiglia dello sceicco del Qatar, Al Thani.

Heidi Horten è morta nel 2022. I restanti 300 preziosi dovevano finire sotto il martello del battitore a novembre a Ginevra, ma le polemiche generate dalla prima puntata della vendita, quando si era scoperto che Helmut, il suo defunto marito (1909-1987, che dal 1968 fino alla morte visse a Croglio (TI), ndr), aveva costruito la sua fortuna speculando sulle persecuzioni degli ebrei durante il nazismo, hanno ora indotto Christie's a fare marcia indietro.

All'epoca della prima vendita, la casa d'aste aveva giustificato l'operazione sulla scorta del fatto che gran parte dei proventi sarebbero andati a sostegno di cause filantropiche, tra cui ricerche mediche, a favore dell'infanzia e per l'accesso alle arti.

Le proteste delle organizzazioni ebraiche

La vendita di maggio si era però rivelata un incubo per la casa d'aste: clienti importanti come Cathy Lasry, moglie del miliardario Marc Lasry, si erano lamentati.

Avevano protestato associazioni di sopravvissuti alla Shoah e altre organizzazioni ebraiche tra cui il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme Yad Vashem che aveva respinto la proposta di Christie's di donargli una parte degli incassi.

La Holocaust Survivor Foundation Usa ha salutato ora la cancellazione come una vittoria importante per la comunità ebraica mondiale. «La decisione manda un messaggio importante al mercato dell'arte sui rischi intrinseci nella vendita di opere macchiate dal nazismo», ha detto ad ArtNews il presidente della fondazione David Schaecter.