«Miracolo» Colombia: ecco come i bimbi sono sopravvissuti 40 giorni nella giungla ostile

SDA

10.6.2023 - 18:35

Si urla al miracolo in Colombia dopo il ritrovamento dei quattro ragazzini dispersi nella giungla per 40 giorni senza cibo, senza scarpe e con pochi indumenti. Si erano salvati, il primo maggio, dallo schianto di un piccolo aereo da turismo in sono morti la loro mamma, il pilota e un altro passeggero. I bimbi sono feriti. Sarebbero sopravvissuti grazie alla loro «conoscenza ancestrale» trasmessa dalla nonna.

Soldati e indigeni prestano le prime cure ai malcapitati bimbi di 13, 9, 4 e 1 anno d'età.
Soldati e indigeni prestano le prime cure ai malcapitati bimbi di 13, 9, 4 e 1 anno d'età.
KEYSTONE

Hai fretta? blue News riassume per te:

  • I bimbi trovati dopo 40 giorni nella foresta colombiana sono disidratati e hanno molte ferite ai piedi.
  • Sono stati trovati in un punto già controllato molte volte. Il primo ad aver portato loro soccorso è stato il cane eroe Wilson, il pastore belga che ha fiutato le tracce, m a che ora risulta disperso.
  • I bimbi sono sopravvissuti grazie alle «conoscenze ancestrali» trasmesse loro dalla nonna, con le quali hanno saputo scegliere con quali bacche nutrirsi e come proteggersi dalle piogge.
  • L'area setacciata è stata di 323 chilometri quadrati, pari all'intera provincia di Buenos Aires.
  • Il pilota dell'aereo che si è schiantato aveva lanciato un mayday per un problema al motore a metà del volo.

Quando i militari della Tap1 delle forze speciali colombiane hanno avvistato i bambini nella giungla hanno messo mano alla loro radiotrasmittente gridando «miracolo»: la parola in codice concordata per indicare il successo dell'Operazione speranza, quaranta giorni nella selva amazzonica e 2500 chilometri di foresta battuta, alla ricerca dei quattro fratellini scampati a un incidente aereo.

Una storia magica di resilienza e di fiducia che incanta il mondo, degna dei racconti di Gabriel Garcia Marquez.

Molte ferite ai piedi

Stando a un primo rapporto medico, come riportato dalla testata Cambio, i bimbi ritrovati in Colombia sono disidratati e presentano punture di insetti e ferite multiple, specialmente agli arti inferiori, perché hanno passato 40 giorni a piedi nudi nella giungla. Per continuare il percorso, avrebbero realizzato delle bende improvvisate in modo da poter camminare.

Lesly, Soleiny, Tien Noriel e la piccola Cristin, che ha compiuto il suo primo anno di vita il 26 maggio mentre si trovava dispersa nella selva, sono stati ritrovati in un punto perlustrato più volte dai militari e dagli indigeni impegnati nell'Operazione Speranza.

«È un mistero. Ci sorprende tutti»

Si tratta del luogo in cui il 15 maggio l'unità Dragon 4 delle Forze Speciali ha trovato il primo rifugio dei piccoli, i resti del frutto della passione con tracce di morsi, e un paio di forbici, a tre chilometri dal rinvenimento dei resti dell'aereo precipitato.

«È un mistero. Ci sorprende tutti. È un'area che abbiamo battuto, e in quella zona non ci sono grotte, la giungla non è fitta», ha riferito un soldato al settimanale colombiano «La Semana».

«Siamo felici. È un segno di speranza, di vita. Una grandissima emozione per noi che abbiamo passato settimane a cercare i piccoli, senza mai perdere la fiducia».

«Una grande gioia per il Paese» ha esultato il presidente, Gustavo Petro, di rientro da Cuba con in tasca un accordo di cessate il fuoco con i ribelli dell'Eln.

Piccole ma importanti tracce

Piccole impronte di piedi e frutti selvatici che sembravano essere stati morsi. Sono questi i segnali che hanno dato speranza ai soccorritori dei bambini ritrovati nella giungla amazzonica della Colombia, a 40 giorni dallo schianto del piccolo aereo sul quale stavano viaggiando.

I primi oggetti ritrovati dai ricercatori nella foresta sono stati un paio di forbici viola e un elastico per capelli, riporta la Bbc pubblicandone le foto. In un altro punto, invece, è stato trovato un pezzetto di metallo che sembrava essere parte di un telefono.

Sono stati però i resti della frutta a suggerire che i bambini potessero essere ancora vivi: i membri del gruppo indigeno Huitoto speravano infatti che la conoscenza dei fratelli dei frutti selvatici potesse dar loro più chances di sopravvivenza.

Come hanno fatto a sopravvivere 40 giorni?

Sarebbero sopravvissuti grazie alla loro «conoscenza ancestrale». A dirlo, come riportato dalla testata «Cambio», è John Moreno, leader indigeno guanano del Vaupés, che ha spiegato: «i bambini sono cresciuti dalla nonna, che è sapiente nella protezione indigena di Araracuara. Sono riusciti a sopravvivere grazie alle conoscenze tradizionali che ha insegnato loro».

Hanno improvvisato bende per proteggersi i piedi e costruito capanne di fortuna per ripararsi dalle piogge. E come nella favola di Hansel e Gretel, hanno lasciato lungo il percorso tanti piccoli indizi: resti di frutti, impronte dei piedini, un paio di forbici viola, un biberon, un elastico per capelli, un pezzettino di metallo – incoraggiando i soccorritori, che hanno organizzato anche lanci di kit dal cielo, con cibo ed acqua, per aiutarli a resistere.

Anche per Sandra Vilardy, viceministra della politica e della normalizzazione ambientale, se i bambini sono potuti sopravvivere in quella che è rinomata essere una delle foreste più dense e vergini del paese è grazie ai «messaggi della propria comunità e, naturalmente, le conoscenze che hanno fornito loro in precedenza».

I rischi nella foresta, ha detto ancora Vilardy, sono tanti e riguardano non solo «le condizioni molto limitate che offre la giungla in termini di alimentazione» ma anche quelli «associati a felini, serpenti, ragni, scorpioni, così come terreni instabili e pericolosi».

Un cane eroe, che però è scomparso

E a contribuire in modo determinante al ritrovamento, è stato il cane eroe Wilson, il pastore belga che ha fiutato le tracce dei bambini – disperso da alcuni giorni – che secondo i militari è stato il primo a ritrovare il gruppetto e a proteggerlo.

Mentre gli scout indigeni, profondi conoscitori della foresta e delle sue insidie, hanno orientato le forze speciali quando Gps e bussole impazzivano, allontanando tigri, tapiri, ed altri animali selvaggi.

Ricerche molto vaste

I militari e gli indigeni impegnati nelle ricerche dei quattro fratellini sopravvissuti 40 giorni in Amazzonia e ad un incidente aereo, inizialmente erano impegnati su un quadrante di jungla di di circa 323 chilometri quadrati, pari all'intera provincia di Buenos Aires.

La settimana passata, l'area era stata ridotta a 20 chilometri quadrati.

Si stima che ciascuna unità, di otto o dieci persone, abbia perlustrato tra i 250 e i 300 chilometri, riferiscono i militari colombiani. In totale, tra soldati e indigeni sono stati percorsi oltre 2.500 chilometri nella selva, spesso sotto una pioggia battente.

Un mayday lanciato dal pilota

Magdalena Mucutuy Valencia, morta nell'incidente aereo, ed i suoi quattro bambini, erano saliti sul Cessna 206 precipitato per ricongiungersi al marito, Manuel Ranoque, ex governatore della riserva indigena di Puerto Sabalo, fuggito pochi giorni prima, dopo le minacce di morte dei guerriglieri.

Il volo era partito da Araracuara, con destinazione San José del Guaviare. Rotta su cui si ritiene vivano ancora popolazioni indigene isolate nella foresta.

Ma a metà strada, mentre l'aereo stava sorvolando Caquetá, il pilota, l'ex tassista Hernando Murcia Morales, aveva lanciato un mayday, avvertendo di un guasto al motore.

Poi le comunicazioni si erano interrotte. Il velivolo era stato ritrovato il 15 maggio schiantato. Dentro e intorno, i cadaveri di tre adulti, tra questi il leader indigeno Yarupari Herman Mendoza Hernandez, ma nessuna traccia dei fratellini, ritrovati vivi nella giungla, come in una fiaba a lieto fine.