Al JazeeraL'indagine non chiarisce chi abbia sparato alla reporter palestinese
SDA
4.7.2022 - 22:11
L'esame della pallottola che ha ucciso la reporter di al Jazeera Shireen Abu Akleh non svela chi abbia sparato il colpo fatale, anche se per gli Stati Uniti «è probabile» che sia partito «non intenzionalmente» dagli israeliani.
Keystone-SDA
04.07.2022, 22:11
05.07.2022, 08:29
SDA
Questa la lettura che il Dipartimento americano ha dato dell'indagine sul proiettile effettuata dagli israeliani, affiancati da esperti statunitensi in un laboratorio forense in Israele.
Una lettura che ha suscitato l'indignata protesta palestinese e «l'incredulità» dei parenti. Conclusioni «inaccettabili» ha accusato da Ramallah il procuratore generale Akram al-Khatib mentre l'OLP ha respinto ogni tentativo «di nascondere la verità o di fare solo riferimenti timidi quando si punta il dito accusatorio verso Israele».
Reazioni che hanno arroventato il clima a pochi giorni dall'arrivo del presidente Joe Biden nella regione e che rischiano di complicare i rapporti già tesi con Ramallah, invece di distenderli.
Un esame balistico inconclusivo
Secondo l'esercito israeliano, a rendere difficile ogni accertamento conclusivo sul proiettile che l'11 maggio scorso ha ucciso a Jenin nel nord della Cisgiordania – nel corso di violenti scontri tra miliziani armati palestinesi ed esercito – sono state sono state le condizioni «fisiche» della pallottola. Così deteriorate da non permettere di «stabilire in maniera conclusiva l'origine dello sparo» che ha provocato la morte della giornalista palestinese con cittadinanza anche americana, affermano i militari israeliani.
L'esame balistico del proiettile – che i palestinesi hanno consegnato a Gerusalemme al tenente generale americano Michael R. Fenzel Coordinatore di sicurezza tra Israele e Autorità nazionale palestinese (Anp) – aveva l'obiettivo di determinare «la connessione tra la pallottola e l'arma dalla quale è stato sparato».
«Nonostante questi sforzi – ha spiegato ancora l'esercito – le condizioni fisiche del proiettile e la qualità delle caratteristiche su questo non hanno permesso un esame balistico che possa determinare in maniera conclusiva se o meno quel proiettile sia stato sparato dall'arma presa in esame».
Il proiettile è in uso sia nell'esercito israeliano sia tra i gruppi armati palestinesi. Il portavoce militare ha comunque sottolineato che le indagini continueranno.
Le conclusioni hanno provocato l'ira di Ramallah
Le conclusioni hanno provocato l'ira di Ramallah visto che una sua propria indagine aveva addossato la responsabilità diretta ai soldati di Israele. In particolare all'unità Dudvedan, presente quel giorno durante gli scontri, con un colpo intenzionale, indirizzato verso i giornalisti chiaramente riconoscibili per la pettorina, che ha ucciso Abu Akleh e ferito un altro reporter.
Tesi respinta da Israele secondo cui non c'era e non c'è alcuna prova sulla fonte dello sparo e soprattutto sulla sua volontarietà. «Il governo dell'occupazione – hanno detto all'unisono Hussein al Sheikh (anche ministro dell'ANP) e il Procuratore generale – è da ritenersi responsabile per l'assassinio di Abu Akleh. Porteremo avanti le nostre procedure nelle Corti internazionali».
L'indagine dell'esercito – ha replicato il premier ad interim Yair Lapid – «ha chiarito che non si può stabilire chi sia responsabile della dolorosa morte della reporter». «Ma di certo si può stabilire – ha aggiunto – che non c'era intenzione di colpirla».
Ora toccherà a Biden cercare di smorzare gli animi.