DisuguaglianzeLa climatologa: «Sì alla lotta per il clima, ma prioritaria quella al sessismo»
hm, ats
29.12.2023 - 17:01
La lotta contro il sessismo, il razzismo e le ingiustizie è in ultima analisi più importante di quella contro i cambiamenti climatici, perché la seconda non può andare in porto senza la prima.
hm, ats
29.12.2023, 17:01
29.12.2023, 17:10
SDA
È la posizione della fisica e climatologa Friederike Otto, che punta anche il dito contro una ricerca climatica «dominata da uomini bianchi», non esitando a parlare di «strutture coloniali-fossili».
«Quando si discute di cambiamenti climatici e di misure di protezione del clima si finge sempre che lo status quo sia il migliore dei mondi possibili», argomenta la 41enne in un'intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger (TA).
«Tutto ciò che si discosta dallo status quo – rinuncia alla carne, centri urbani senza auto, sistemi di riscaldamento diversi – viene percepito come un sacrificio, come un attacco ai nostri valori, alla nostra cultura, alle nostre tradizioni. Ma il mondo così com'è ora funziona solo con lo sfruttamento delle risorse fossili e lo sfruttamento del sud globale».
«Sessismo, razzismo e così via sono le dimensioni della disuguaglianza», prosegue la specialista tedesca con diploma in fisica a Potsdam e successivi studi in filosofia all'università di Berlino. «Quanto meno equo è l'accesso alle risorse e alle informazioni, tanto più una società è vulnerabile agli effetti di eventi atmosferici come le ondate di calore o le forti precipitazioni, che diventeranno ancora più estremi a causa dei cambiamenti climatici».
«Di conseguenza, la nostra società globale perpetua la disuguaglianza in molti aspetti invece di superarla, cosa che porta agli effetti estremamente ingiusti del cambiamento climatico. Per questo motivo definisco questo inquadramento una narrazione coloniale-fossile».
Il legame tra cambiamento climatico e sessismo
Ma il cambiamento climatico – chiede il giornalista di TA – cosa c'entra con il sessismo? «Il nesso è evidente, ad esempio, durante le ondate di calore nell'Africa rurale, soprattutto in Gambia. Le strutture sociali sono molto patriarcali. Uomini e donne hanno ruoli chiaramente separati. Le donne sono responsabili dell'alimentazione della famiglia: ciò significa che devono uscire nei campi con qualsiasi tempo. È qui che sono più drasticamente esposte agli effetti di un'ondata di calore. Quando arrivano i soldi degli aiuti, vanno sempre al capofamiglia: quasi sempre si tratta di un uomo. Questo aumenta le tensioni tra i sessi. Situazioni simili si trovano in gran parte dell'Asia».
La ricercatrice, che è stata una delle autrici principali del sesto rapporto IPCC sui cambiamenti climatici, critica anche il suo stesso ambiente accademico. «Perché la ricerca sul clima è dominata dal Nord globale e da uomini bianchi, la maggior parte dei quali ha una formazione scientifica», sostiene. «Questo porta a una prospettiva distorta. Ci sono innumerevoli pubblicazioni sui cambiamenti fisici dell'atmosfera, ma quasi nulla sulla vulnerabilità delle società locali ai cambiamenti climatici e ai fenomeni meteorologici estremi, e certamente non sul Sud globale, dove la vulnerabilità è maggiore».
La tesi di Otto: il cambiamento climatico è un problema così grande solo perché esistevano ed esistono ancora strutture patriarcali e coloniali. «Ciò che trasforma gli eventi meteorologici in disastri, con o senza cambiamenti climatici, è la vulnerabilità della popolazione. E questa vulnerabilità è legata alle strutture che il colonialismo e il capitalismo hanno creato».
È quindi più importante combattere l'ingiustizia che ridurre le emissioni di CO2? «Entrambe le cose sono necessarie», puntualizza l'intervistata. «Ma in realtà dobbiamo concentrarci di più sui problemi di disuguaglianza e ingiustizia. Perché non saremo in grado di ridurre le emissioni se non cambiamo le nostre strutture sociali. E anche se riduciamo le emissioni, sarà poco utile se non combattiamo contemporaneamente le disparità e quindi eliminiamo la vulnerabilità di coloro che sono particolarmente colpiti dai cambiamenti climatici e dalle condizioni meteorologiche estreme», conclude Otto, autrice fra l'altro del recente saggio «Klimaungerechtigkeit – Was die Klimakatastrophe mit Kapitalismus, Rassismus und Sexismus zu tun hat» (Ingiustizia climatica – Cosa c'entra la catastrofe climatica con il capitalismo, il razzismo e il sessismo), non tradotto in italiano.