Diritti delle donne UNICEF: «Oltre 230 milioni di donne al mondo subiscono mutilazioni genitali»

SDA

8.3.2024 - 18:29

Questa pratica «danneggia il corpo delle bambine, offusca il loro futuro e mette in pericolo la loro vita», ha detto la direttrice generale dell'UNICEF Catherine Russell (foto d'archivio).
Questa pratica «danneggia il corpo delle bambine, offusca il loro futuro e mette in pericolo la loro vita», ha detto la direttrice generale dell'UNICEF Catherine Russell (foto d'archivio).
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Il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili ha ancora cifre preoccupanti, nonostante i progressi compiuti contro questa pratica in alcuni Paesi. Lo afferma un rapporto dell'UNICEF pubblicato in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne: in base allo studio, il numero di ragazze e donne sottoposte alle mutilazioni genitali (rimozione della clitoride, escissione, infibulazione) supera i 230 milioni in tutto il mondo, il 15% in più rispetto al 2016.

«È una brutta notizia. Si tratta di un numero enorme», ha detto all'agenzia di stampa Afp Claudia Coppa, principale autrice del rapporto. L'Africa è il continente più colpito con oltre 144 milioni di donne, seguito dall'Asia con 80 milioni, al terzo posto il Medio Oriente (6 milioni).

Lo studio prende in esame 31 Paesi in cui questa pratica è più comune: mutilazioni dolorose, talvolta mortali, che hanno anche conseguenze psicologiche e fisiche a lungo termine, come problemi di fertilità, complicazioni durante il parto, neonati morti e dolori durante i rapporti sessuali.

Progressi per ridurre questa pratica

Nonostante il numero totale in aumento, legato in gran parte alla crescita della popolazione in questi Paesi, il rapporto evidenzia i progressi compiuti nella riduzione di questa pratica che viola i diritti umani più fondamentali.

Così, alcuni Stati registrano un calo significativo, come la Sierra Leone dove la percentuale di adolescenti tra i 15 e i 19 anni che hanno subito mutilazioni genitali è scesa in 30 anni dal 95% al 61%, ma anche l'Etiopia, il Burkina Faso, il Kenya. Di contro, in Somalia, il 99% delle donne tra i 15 e i 49 anni ha subito mutilazioni genitali, il 95% in Guinea, il 90% a Gibuti, l'89% in Mali.

La pratica «danneggia il corpo delle bambine»

Questa pratica «danneggia il corpo delle bambine, offusca il loro futuro e mette in pericolo la loro vita», ha detto la direttrice generale dell'Unicef Catherine Russell. «Stiamo anche assistendo a una tendenza preoccupante: sempre più bambine vengono sottoposte alle mutilazioni genitali quando sono molto piccole, spesso prima del loro quinto compleanno. Questo riduce ulteriormente il margine di intervento. Dobbiamo rafforzare le azioni per porre fine a questa pratica pericolosa».

Ma anche se le percezioni sono in evoluzione, queste mutilazioni «esistono da secoli, quindi cambiare le norme sociali richiede tempo», sostiene Coppa.

«In alcune società è considerato un rito di passaggio necessario, in altri contesti è un modo per preservare la castità delle ragazze» e per «controllare» la loro sessualità, prosegue, sottolineando la difficoltà delle madri ad opporsi. «Non sono mamme crudeli. Cercano di fare ciò che credono ci si aspetti da loro», insiste l'esperta.

L'Unicef chiede poi leggi che proibiscano queste mutilazioni, senza dimenticare il ruolo degli uomini. Le donne generalmente pensano di volere che queste mutilazioni continuino, ma per quelle con una sorella o una madre mutilata la percezione cambia, secondo il rapporto. «Ma restano in silenzio, un silenzio che suggerisce la loro accettazione», si rammarica Coppa, che invita «tutti a prendere una posizione».