Pandemia Origine del COVID-19: «Manca un pezzo del puzzle» secondo un ricercatore

AFP

10.5.2020

In che modo il nuovo coronavirus è apparso e poi passato dai pipistrelli all’uomo? «Manca un pezzo del puzzle», afferma il ricercatore Meriadeg Le Gouil, coordinatore di un progetto di ricerca francese sulle origini della pandemia.

«Nessuno può dire d’aver capito l’insorgere di questo virus», sottolinea all’AFP il virologo ed ecologo all’Università di Caen (Normandia), membro del Gruppo di ricerca sull’adattamento microbico (Gram).

«In questo coronavirus troviamo delle tracce di altri virus che conosciamo nell’ambiente selvaggio. Solo che non conosciamo i parenti stretti, ne conosciamo solo i cugini», spiega lo studioso 39enne, che esclude un’«origine sintetica» del virus (per esempio in un laboratorio cinese).

Trasmissione diretta pipistrello-uomo poco probabile

Con l’analisi genetica, gli scienziati hanno potuto accostare il SARS-CoV-2 a un virus prelevato nel 2013 su un pipistrello dello Yunnan, simile mediamente al 96%.

Se una trasmissione diretta dal pipistrello all’essere umano è «possibile», non è però, secondo lo specialista dei coronavirus, l’ipotesi più probabile perché per fare il salto da una specie all’altra ci vogliono dei contatti ravvicinati, numerosi e frequenti.

«A patto, concede Meriadeg Le Gouil, di non scoprire un traffico assolutamente gigantesco di pipistrelli negli ultimi tre anni».

«Manca un pezzo del puzzle»

«La seconda opzione sarebbe l’allevamento di un altro animale selvaggio», che sarebbe servito da ospite intermedio tra il pipistrello e l’uomo, spiega Le Gouil. «Manca un pezzo del puzzle», che forse non è il pangolino, citato di frequente, ma lo zibetto, azzarda lo specialista.

Il ricercatore bretone aveva già incontrato questo piccolo mammifero durante l’emergere di un'altra epidemia dovuta a un coronavirus, la SARS del 2002 (o SARS-CoV), soggetto della sua tesi di laurea sostenuta al Museo nazionale di Storia naturale di Parigi sei anni dopo.

Lo zibetto, il sospettato ideale?

«Lo zibetto è un po’ il nostro cervo, un piatto consumato nelle grandi occasioni», spiega. «È un carnivoro vicino al cane e al gatto (…) che frequenta le grotte e di tanto in tanto si mangia un pipistrello».

«L’allevamento di zibetti si era moltiplicato per 50 nei cinque anni che hanno preceduto l’emergenza della SARS. Lo zibetto catturato nella natura selvaggia è stato portato in allevamenti di zibetti, favorendo così la nascita di una variante di coronavirus, presente unicamente negli zibetti allevati dall’uomo», aggiunge il ricercatore.

Alcuni zibetti, stando a una lista di prezzi circolata su internet in Cina, erano fra le decine di specie messe in vendita da uno dei mercanti di Wuhan, città dove è apparsa l’epidemia per la prima volta.

Perché il silenzio sugli allevamenti?

Oggi i ricercatori cinesi «pubblicano 10 articoli al giorno, ma non dicono nulla sugli allevamenti della regione. È semplicemente molto strano per qualcuno che è sensibilizzato all’emergenza dei coronavirus», afferma Meriadeg Le Gouil.

«Darei qualsiasi cosa per andare in Cina a campionare tutti i tipi di allevamento che si svolgevano nella regione tre o quattro mesi fa».

«Legami chiari tra salute degli ecosistemi e salute dell’uomo»

Il progetto di studio Discover, finanziato dall’Agenzia Nazionale di ricerca francese, ha proprio come obiettivo di risalire la pista del SARS-CoV-2, studiando la prevalenza, la diversità e l'evoluzione nel tempo dei coronavirus in diverse specie nel nord del Laos e della Thailandia.

«L'obiettivo non è necessariamente quello di trovare il pezzo mancante, che potrebbe essere scomparso nel frattempo. Ma avremo indizi e un mucchio di argomenti per capire meglio cosa è successo», spiega il ricercatore. «Avremo almeno un'ottima visione di ciò che è accaduto attorno e poco prima».

Si tratta anche di «prendere di mira pratiche rischiose» per l'emergere di virus, come l'allevamento di zibetti. «Esiste ovviamente un legame tra il dilagare degli esseri umani nella fauna selvatica, il modo in cui interagiamo con la natura e l'emergere di agenti patogeni», afferma. «Possiamo vedere chiaramente i legami tra la salute dell'ecosistema e la salute umana».

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