Giornate di Soletta Una costumista premiata per la prima volta in Svizzera

bu, ats

19.1.2024 - 11:41

La costumista Anna van Brée.
La costumista Anna van Brée.
Keystone

Per la prima volta, il «Prix d'honneur» delle Giornate di Soletta va ad una costumista, la belgo-svizzera Anna van Brée, residente a Losanna.

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Contrariamente ai paesi vicini o agli Stati Uniti, questa professione, come quella di decoratori, truccatori o parrucchieri, non viene premiata dal settore.

«Con Anna van Brée, premiamo una costumista la cui esperienza, filmografia e le capacità ne fanno l'ambasciatrice ideale per questo mestiere essenziale», ha dichiarato Niccolò Castelli, direttore artistico delle Giornate di Soletta, che consegnerà il premio giovedì sera alla laureata. I costumisti raccontano ciò che sfugge alle parole: il passato di un personaggio, i suoi desideri e i suoi tratti di carattere.

La lista dei film per i quali van Brée ha creato i costumi lascia senza parole. Due di essi vengono proiettati a Soletta quest'anno: «Retour en Alexandrie» (Panorama) di Tamer Ruggli e «Les Histoires d'amour de Liv S» (sélection Prix du Public) di Anna Luif.

Incontro con Ursula Meier

Ad essere determinante sarà il suo incontro con Ursula Meier: collabora con la regista franco-svizzera dal suo primo film «Home» nel 2008, con Isabelle Huppert. Van Brée collaborerà in seguito a tutti i suoi film: «Sister (L'enfant d'En Haut)», «Ondes de choc – Journal de ma tête» (Onde d'urto: diario della mia testa) e «La ligne – La linea invisibile».

Van Brée ha incontrato Ursula Meier grazie a Thierry Spicher e Box Productions, che ha prodotto il primo lungometraggio della regista.

Dopo «Home», van Brée è molto sollecitata. Immaginerà i costumi di una ventina di produzioni. Fra questi si citano la mini-serie «Gli indomabili» di Delphine Lehericey, attualmente disponibile su Play Suisse, o i film «A forgotten man» di Laurent Nègre, selezionato lo scorso anno ai festival di Ginevra, Zurigo e Soletta, e «Schwesterlein» (sorellina), selezionato alla Berlinale 2020, di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond.

Immersa fin dall'infanzia

Van Brée è immersa in questo ambito dalla sua nascita. Sua madre faceva lo stesso mestiere. Suo padre ha ripreso la casa di alta moda dei suoi genitori ad Anversa e sognava di diventare attore. «Quando ero giovane, facevo parte di una troupe per bambini, che presentava uno spettacolo una volta al mese sulla TV fiamminga. I registi vi cercavano degli attori bambini», spiega a Keystone-ATS nel suo atelier a Losanna.

Adolescente, invece di vendere gelati come le sue amiche per guadagnarsi qualche soldo durante le vacanze, si occupa già di abbigliamento sui set.

Attirata dalla moda, inizia l'accademia di Belle Arti ad Anversa nella sezione moda prima di dirigersi nuovamente verso il mondo dello spettacolo: si iscrive all'Istituto superiore delle arti di Bruxelles, nella sezione sceneggiatura.

Grazie alla rubrica di sua madre e le sue numerose partecipazioni a riprese, è presto sollecitata da altri studenti per immaginare costumi per i cortometraggi della sezione cinema o per spettacoli teatrali.

Viene catapultata nel ruolo di capo costumista sulle riprese di un lungometraggio in Belgio. Sua madre la aiuterà per la logistica delle riprese. «Siccome si trattava di una distopia, bisognava inventare un universo intero», ricorda.

Tre carriere a testa alta

Van Brée ha condotto congiuntamente più carriere, quelle di costumista sui set cinematografici e per il teatro, nonché quella di sceneggiatrice con la sua compagnia teatrale denominata Belgo-Suisse. Dice di non sentirsi combattuta tra le sue diverse attività.

«Questi ambienti sono abbastanza naturali per me. Mi piace l'aspetto dell'improvvisazione e lo stress puntuale delle riprese, così come lo stress a lungo termine di uno spettacolo teatrale. Ma quando preparo uno spettacolo, non posso fare altro». In questo caso, delega la responsabilità dei costumi a qualcun altro.

«A teatro, la drammaturgia del costume si fa al contempo della creazione dello spettacolo: è molto più organico. Al cinema, tutto va molto più in fretta», spiega. «Ci vogliono quattro ore per le prime prove di abiti per ruoli con diverse silhouette, ma all'inizio si cerca il personaggio», dice van Brée.

Alla fine degli anni '90, lascia il Belgio per la Svizzera per amore di un attore romando e del loro bèbè. Meno mobile per un momento, si concentra sui costumi teatrali, più facili da coniugare con una giovane famiglia di un set cinematografico.

Nel 2003, riprende la sceneggiatura e Thierry Spicher le apre le porte del teatro losannese Arsenic per «Krieg». Prima dell'incontro con Ursula Meier, cinque anni dopo, che la metterà sulla via del cinema nella Svizzera romanda.

Lavorare nella Svizzera tedesca

Van Brée spera che questo premio la farà conoscere nella Svizzera tedesca. «Mi piacerebbe molto lavorare lì. Penso che la mia parte rigorista fiamminga corrisponda bene alla mentalità svizzerotedesca».

Con questo Premio d'onore, Soletta colma parzialmente l'assenza di riconoscenza del mestiere di costumista. Prima di lei sono state premiate una decoratrice e una truccatrice. In Svizzera, non c'è un premio e nemmeno una vera e propria formazione di costumista.