ZurigoCondanna per assassinio 25 anni dopo i fatti
hael, ats
9.5.2022 - 21:20
Il Tribunale cantonale di Zurigo lunedì ha confermato la pena di 13 anni di reclusione per un rapinatore italiano di 78 anni condannato per l'assassinio di una ricca signora di 86 anni ritrovata morta nella lavanderia della sua abitazione a Küsnacht (ZH) nel 1997.
Keystone-SDA, hael, ats
09.05.2022, 21:20
09.05.2022, 22:13
SDA
Un delitto rimasto a lungo irrisolto, ma riaperto negli scorsi anni grazie a tracce di DNA. La condanna può ancora essere impugnata davanti al Tribunale federale (TF).
L'imputato aveva fatto ricorso contro la sentenza del novembre scorso del Tribunale distrettuale di Mailen e chiesto una completa assoluzione, negando di avere a che fare con la morte dell'anziana donna.
Un crimine del 1997
Il crimine risale a quasi 25 anni fa. Il cadavere dell'anziana signora fu ritrovato in un bagno di sangue e ammanettato nella lavanderia della sua villa nel comune della cosiddetta «Costa dorata» del lago di Zurigo il 4 luglio 1997, sei giorni dopo il delitto.
La vittima, uccisa pochi giorni prima del suo 87esimo compleanno, aveva un patrimonio che in base alle dichiarazioni fiscali dell'epoca era stimato in 12 milioni di franchi.
Svolta nel 2016
In mancanza di riscontri, l'inchiesta era stata dapprima archiviata nel 2001. Nel 2016 c'è stata una svolta che ha permesso di riaprire le indagini: si è infatti scoperto che le tracce di DNA rilevate nella villa di Küsnacht corrispondevano a quelle dell'autore di una brutale rapina messa a segno nel settembre del 2016 in una gioielleria di Thun (BE), con tanto di presa d'ostaggio di un'intera famiglia.
Il cittadino italiano sospettato dei due delitti è poi stato arrestato sull'isola di Tenerife, dove aveva cercato di vendere parte del bottino, ed estradato dalla Spagna verso la Svizzera nel maggio 2017.
La versione dell'imputato
Durante gli interrogatori, l'imputato ha dichiarato di aver avuto all'epoca, quando aveva 54 anni, una relazione sado-masochista con l'anziana donna, su esplicita richiesta di lei. E che la donna lo aveva generosamente pagato.
Lui, allora 54enne, viveva in Italia e l'anziana gli avrebbe ordinato di farle visitarla una o due volte al mese. Rimaneva per uno o due giorni alla volta e la aiutava anche nelle faccende di casa, ha sostenuto.
Nei nove mesi della loro relazione, la ricca signora gli avrebbe dato in totale circa 300'000 franchi, più una macchina costosa e un orologio di valore. Il gestore patrimoniale della donna, tuttavia, non ha trovato alcun movimento corrispondente nel conto.
La condanna del Tribunale cantonale
Il tribunale cantonale, così come la prima istanza, non ha però creduto a questa storia. È possibile – ha osservato il presidente della corte – che una donna di quasi 87 anni avesse una vita sessuale, ma «escludiamo» che abbia condotto «una vita così sessuale sfrenata», come descritto dall'accusato.
Sulla base di tutta una serie di prove circostanziali, la corte non ha quindi avuto dubbi che l'italiano fosse entrato nella villa di Küsnacht per derubare l'anziana.
Per il Tribunale cantonale si è trattato chiaramente di assassinio, commesso con dolo eventuale. La corte non ha presupposto un'intenzione diretta di uccidere. Ma chi lascia la sua vittima in certe condizioni prevede che possa morire, ha detto spiegato il presidente del tribunale.
Inoltre, si è trattato di una azione estremamente brutale e senza scrupoli per bassi motivi: ossia non essere presi. L'uomo ha lasciato la donna gravemente ferita a terra ed è fuggito senza alcun bottino. E la donna ha sofferto una terribile agonia prima della morte.
Una telefonata fatta quella sera
L'italiano, dopo essere fuggito, aveva anche effettuato una telefonata in un inglese piuttosto approssimativo alla centrale di emergenza, riferendo un indirizzo alquanto impreciso a Küsnacht dove una donna anziana aveva bisogno di aiuto.
L'informazione – ha notato la corte – era «così fuorviante» che per colpa sua i soccorritori non hanno trovato la donna. Fu inviata un'ambulanza, ma quando nessuno rispose allo squillo del campanello, i paramedici se ne andarono.
Dopo tutto – ha sottolineato il giudice – senza questi «sforzi a metà» la sentenza sarebbe stata più alta.