«Sofagate» «Sofagate», Draghi: «Erdogan è un dittatore», duro scontro con la Turchia

SDA

9.4.2021 - 09:42

Mario Draghi ha fatto infuriare la Turchia definendo il presidente Erdogan un dittatore.
Mario Draghi ha fatto infuriare la Turchia definendo il presidente Erdogan un dittatore.
KEYSTONE / ARCHIVIO

Non si placa la bufera sul «sofagate» al palazzo presidenziale di Ankara, e diventa uno scontro diplomatico tra l'Italia e la Turchia con tanto di convocazione dell'ambasciatore italiano.

In serata è stato il premier Mario Draghi a usare parole durissime contro il leader turco. «Non condivido assolutamente Erdogan, credo che non sia stato un comportamento appropriato. Mi è dispiaciuto moltissimo per l'umiliazione che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dovuto subire», ha premesso il presidente del Consiglio.

Poi ha aggiunto: «Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono», ha sottolineato Draghi, «di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio».

Convocato l'ambasciatore italiano ad Ankara

Affermazioni che ovviamente hanno mandato i turchi su tutte le furie. L'ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani, è stato convocato in tarda serata al ministero degli esteri di Ankara, dove il capo della diplomazia turca Cavusoglu gli ha espresso tutto il suo disappunto: «Condanniamo con forza le affermazioni senza controllo del primo ministro italiano nominato Mario Draghi sul nostro presidente eletto» , ha detto a brutto muso Cavusoglu.

Ankara ha fatto sapere venerdì mattina che, ieri sera presso il ministero degli esteri turco all'ambasciatore italiano «è stato sottolineato che ci aspettiamo che queste brutte e sfacciate affermazioni, che non sono conformi allo spirito di amicizia e di alleanza tra Italia e Turchia, vengano immediatamente ritirate». 

«Nessuno può mettere in dubbio la nostra ospitalità»

A conferire con l'ambasciatore di Roma è stato il viceministro degli esteri con delega agli affari dell'UE, Faruk Kaymakci, che nell'esprimere la «forte condanna» della Turchia per le parole di Draghi, ha sottolineato che Erdogan «è il leader eletto con il più forte sostegno del voto popolare in Europa».

La nota di Ankara entra poi nel merito della vicenda del caso «Sofagate», da cui sono partite le dichiarazioni di Draghi. «Nessuno può mettere in dubbio l'ospitalità della Turchia. Il nostro Paese – si legge – non prenderà parte a una insensata e maliziosa discussione all'interno dell'UE» e giudica «vani i tentativi di danneggiare l'agenda positiva tra Turchia e UE».

Accuse di maschilismo rimandate al mittente

Nella mattinata di giovedì, dopo il fuoco di fila di accuse, la Turchia era uscita allo scoperto e aveva rimandato al mittente le critiche sul «machismo protocollare» di Erdogan, che agli occhi dell'Europa si sarebbe compiaciuto nel lasciare in disparte von der Leyen, riservando a Charles Michel la poltrona al suo fianco. «Accuse ingiuste. Durante l'incontro è stato rispettato il protocollo».

Gli staff di Turchia e UE «si sono incontrati prima della visita e le loro richieste sono state soddisfatte», è stata la versione del ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. Ma il rimpallo di responsabilità continua.

Allo staff del cerimoniale, ha insistito Bruxelles, è stato negato il sopralluogo definitivo.

Altri incidenti diplomatici evitati di poco

Come se non bastasse, è emerso oggi che al pranzo ufficiale della visita si è rischiato un altro clamoroso incidente: il tavolo era apparecchiato per 5 persone su ciascun lato, con due poltrone d'onore di fronte, una per Michel e l'altra per Erdogan, mentre a Von der Leyen era stata riservata una sedia più piccola, alla destra di Michel. Uno sgarbo evitato solo in extremis.

Ad accompagnare Michel al tavolo c'erano poi due consiglieri diplomatici, mentre von der Leyen era stata lasciata sola. Un pasticcio anche qui tamponato all'ultimo, aggiungendo una sedia per un membro del suo staff.

E persino la foto istituzionale escludeva inizialmente la presidente della Commissione, richiamata alla fine, secondo un documento interno del Consiglio, su «suggerimento» di Michel.

«In questa situazione, ci saremmo aspettati che i due ospiti si fossero accordati tra loro», hanno spiegato all'ANSA fonti governative turche, facendo trapelare l'immagine di leader UE che sgomitano per apparire al centro della scena.

Ma la giustificazione sul rango formalmente superiore di Michel non soddisfa. In termini di protocollo, ha sottolineato il portavoce dell'esecutivo UE, Eric Mamer, i «presidenti della Commissione e del Consiglio europeo sono trattati nello stesso modo».

La questione di genere, un peso simbolico

Resta in ogni caso il peso simbolico della questione di genere. Nel colloquio con Erdogan, ha sottolineato Bruxelles, von der Leyen ha parlato della Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere, «e dei diritti delle donne».

Le ricostruzioni rendono comunque sempre più scomoda la posizione di Michel, che anche oggi è tornato a «deplorare» l'accaduto parlando di «immagine disastrosa». Ora dopo ora, cresce il fronte che ne invoca le dimissioni.

E c'è già chi vede una macchia indelebile in vista del rinnovo della sua carica, tra poco più di un anno. In bilico sembra anche l'ambasciatore UE ad Ankara, il tedesco Nikolaus Meyer-Landrut.

La vicenda finirà al Parlamento europeo?

Intanto, il caso è destinato a finire al Parlamento europeo. Dopo la condanna unanime, dai maggiori gruppi è arrivata la richiesta di un dibattito in plenaria per far luce sull'accaduto.

«La visita ad Ankara avrebbe dovuto rappresentare un messaggio di fermezza e unità dell'approccio dell'Europa alla Turchia. Purtroppo, si è tradotta in un simbolo di disunione, poiché i presidenti non sono riusciti a stare insieme quando era necessario», ha attaccato il presidente del Ppe, Manfred Weber.

A sollecitare una discussione con von der Leyen e Michel è stata anche la presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), Iratxe Garcia Perez, che ha ricordato: «L'unità dell'Unione europea e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle donne, sono fondamentali».