AssangeAssange: Londra ammette l'appello statunitense contro il «no» all' estradizione
SDA
11.8.2021 - 17:10
Primo punto a sfavore di Julian Assange nell'udienza preliminare svoltasi oggi dinanzi all'Alta Corte di Londra dell'appello contro il no all'estradizione negli Stati Uniti del fondatore di WikiLeaks emesso in istanza dalla giustizia britannica nei mesi scorsi.
Keystone-SDA
11.08.2021, 17:10
11.08.2021, 17:24
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I giudici incaricati di esaminare il ricorso, Timothy Holroyde e Judith Farbey, hanno infatti riconosciuto come sostenibili le argomentazioni presentate a nome delle autorità di Washington, e le contestazioni alla giudice di primo grado sollevate in aula dall'avvocata Clair Dobbin, fissando per il 27-28 ottobre la discussione sul merito della causa.
Mentre l'attivista australiano è destinato per ora a restare in carcere nel Regno Unito, a dispetto delle proteste dei suoi sostenitori e del fatto che non abbia più alcuna pendenza penale o pena da scontare sull'isola.
La decisione, cui il legale di Assange, Edward Fitzgerald, si era opposto, è arrivata a conclusione di un'udienza in cui le parti sono tornate a darsi battaglia: da un lato la difesa dell'attivista australiano, dall'altro il team legale del governo americano.
Dobbin ha accusato a nome di quest'ultimo la giudice di primo grado britannica Vanessa Baraister d'essersi fatta «sviare» dalla perizia di un singolo esperto nella decisione di negare l'estradizione sulla base delle condizioni di salute mentale attribuite all'ex primula rossa di WikiLeaks e dell'asserito rischio di suicidio di fronte al prevedibile trattamento processuale e carcerario che lo aspetta dall'altra parte dell'oceano.
Mentre Fitzgerald ha difeso la sentenza di primo grado come giuridicamente fondata.
I giudici d'appello alla fine sposato le motivazioni della Dobbin, accettando la tesi che l'esperto in questione, lo psichiatra Michael Kopelman, possa non essere credibile avendo nascosto alla Baraister per ragioni di riservatezza il fatto che Assange avesse avuto due figli con l'avvocata sudafricana Stella Morris durante i circa 7 anni di asilo trascorsi nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra.
Inseguito da Washington fin da quando una decina di anni fa WikiLeaks riuscì a intercettare e a diffondere attraverso i media una montagna di file americani contenenti fra l'altro evidenze di crimini di guerra commessi in Afghanistan e in Iraq, Julian Assange è stato investito di recente anche dall'imputazione di spionaggio oltre Oceano: mai contestata prima in vicende di pubblicazione giornalistiche di documenti riservati.
Se consegnato alla autorità americane sarebbe destinato con pressoché assoluta certezza a essere rinchiuso in carcere sino alla fine dei suoi giorni.
In sua difesa anche oggi si è riunito di fronte alla sede dell'Alta Corte – al grido «No all'estradizione, Libertà per Julian» – un gruppo di sostenitori, fra cui la compagna Stella Morris, che ieri aveva rivolto un ennesimo appello al presidente Joe Biden a ritirare la richiesta di estradizione, e l'ex leader laburista britannico Jeremy Corbyn.
Morris ha detto che Assange «è un uomo innocente perseguitato per aver praticato il giornalismo» d'inchiesta. Corbyn da parte sua ha denunciato «l'ossessione americana contro chi svela verità scomode» sugli interventi militari di Washington nel mondo, invocando il rilascio per lui e l'incarcerazione piuttosto «dei criminali di guerra».