USA 2020Biden fa il pieno di Stati chiave e ha la vittoria in tasca
ATS
6.11.2020
Joe Biden ha ormai la vittoria in tasca e si avvia ad essere il 46esimo presidente degli Stati Uniti.
Appena passata la terza notte insonne in attesa dei risultati definitivi delle elezioni nella sua Wilmington, in Delaware, tutto era già pronto per la grande festa e per il primo discorso da vincitore.
Avanti in Pennsylvania e Georgia con un sorpasso in volata su Donald Trump, ma vicino anche alla conquista del Nevada e dell'Arizona, tutti gli ostacoli sulla strada della Casa Bianca, salvo clamorosi colpi di scena, sono superati.
Trump non ci sta: «Se si contano solo i voti legali vinco»
E se per il presidente ancora in carica «non è finita» e tutto verrà ribaltato dalla Corte Suprema, attorno a lui tira aria di resa.
«Se si contano solo i voti legali vinco facilmente», ha detto Trump parlando in diretta tv alla nazione e rompendo un inusuale silenzio durato 36 ore, dalla notte dell'Election Day. Ma il suo viso diceva tutto, e dalla sua espressione trapelava una rassegnazione e una stanchezza mai viste.
Risentendo le sue parole, più che suonare come una minaccia hanno il sapore di una sconfitta ormai inevitabile.
Il colpo del ko dalla Pennsylvania e dalla Georgia
Del resto, con il conteggio dei voti ancora in corso in cinque Stati chiave, il colpo del ko in grado di mettere definitivamente al tappeto il presidente in carica è arrivato proprio dalla Pennsylvania, quella che nel 2016 Trump strappò clamorosamente a Hillary Clinton.
Una Pennsylvania che quattro anni dopo ha voltato le spalle a The Donald e riabbracciato uno dei suoi figli, il vecchio Joe, nato a Scranton ben 77 anni fa.
Ma espugnare la roccaforte repubblicana della Georgia è stato il vero miracolo di Biden, un'impresa che non riuscì nemmeno a Barack Obama con le sue vittorie a valanga del 2008 e del 2012. Impresa per certificare la quale manca solo la prova del nove: quella del riconteggio delle schede elettorali, reso necessario da uno scarto di appena 1'561 voti.
Trump punta tutto sull'offensiva legale
Per Trump tutta colpa del voto per posta e della possibilità in molti Stati di continuare a riceverlo e scrutinarlo anche giorni dopo l'Election Day. Voti che Trump continua a definire «illegali» e da invalidare.
Per questo dal suo staff trapela che il presidente, asserragliato alla Casa Bianca, non è assolutamente disposto a concedere la vittoria. Anzi, è convinto che al termine dell'offensiva legale avviata dai suoi avvocati sarà sicuramente rieletto lui.
Così tocca soprattutto all'amata figlia Ivanka, raccontano i ben informati, tentare di riportarlo alla ragione, cercare di fargli realizzare che la realtà potrebbe essere diversa da quella che il padre si ostina a vedere. Ci vorrà tempo perché Trump accetti e metabolizzi il duro colpo di passare alla storia come presidente di un solo mandato. La parola sconfitta non è mai stata nel suo vocabolario.
Biden determinato a entrare immediatamente in modalità «presidente eletto»
Chi invece non vuole assolutamente perdere nemmeno un minuto è Biden. Strascichi legali o meno, è determinato a entrare immediatamente in modalità «presidente eletto», come l'ha già chiamato la speaker della Camera Nancy Pelosi, pienamente operativo fin dai prossimi giorni con il lavoro del suo team per la transizione.
In un Paese martoriato dalla pandemia e dalla crisi economica e che ha bisogno di curare le ferite di una campagna elettorale mai così divisiva, l'ex vicepresidente vuole agire rapidamente e lanciare da subito un messaggio di unità.
E una delle prime telefonate - raccontano sempre nel suo entourage - non sarà al presidente uscente, ma al leader dei senatori repubblicani Mitch McConnell, con cui ha rapporti di lunghissima data in Senato e con il quale ai tempi di Obama si è reso protagonista di diversi compromessi.
La chiamata vuole essere non solo un gesto distensivo, ma dovrà servire ad aprire subito un nuovo canale di dialogo, anche perché McConnell nel caso di un Senato ancora a maggioranza repubblicana avrà un ruolo chiave nel far passare la squadra di governo.