USA - Medio Oriente Blinken torna in Israele, manterrà il pressing su Netanyahu

SDA

1.11.2023 - 19:58

Il segretario di Stato americano Antony Blinken.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken.
KEYSTONE

Antony Blinken tornerà venerdì in Israele e in altri Paesi della regione, tra cui la Giordania, per un secondo tour dopo l'inizio del conflitto scatenato dall'attacco di Hamas contro Israele.

Il segretario di Stato americano manterrà il pressing su Benjamin Netanyahu perché siano rispettate le leggi di guerra, prendendo ogni precauzione per non colpire civili e obiettivi civili, e perché vengano garantiti gli aiuti umanitari a Gaza, come ha già sollecitato in una telefonata al presidente israeliano Isaac Herzog.

Questo mentre gli Stati Uniti continuano a fornire ogni supporto all'alleato, comprese decine di commando dei Navy Seals e della Delta Force per aiutare nelle operazioni di liberazione dei 240 ostaggi catturati da Hamas.

È escluso un ritorno allo status quo

Ma col premier israeliano e gli altri attori mediorientali Blinken discuterà anche del futuro della Striscia, partendo dalla premessa dell'eliminazione di Hamas in un'operazione che potrebbe durare mesi.

In una recente audizione al Senato, il capo della diplomazia statunitense ha escluso un ritorno allo status quo, quando Hamas amministrava Gaza, ma anche un governo o un controllo da parte di Israele.

Evocando vari scenari all'esame, Blinken ha suggerito che «ad un certo punto, ciò che avrebbe più senso sarebbe che un'Autorità palestinese efficace e rinvigorita si assumesse la responsabilità del governo e, a lungo termine, della sicurezza di Gaza», con un possibile ruolo provvisorio di terze parti internazionali.

Ci sono però pochi segnali che l'Autorità nazionale palestinese (Anp) desideri o sia in grado di gestire la Striscia.

Sono tre le opzioni in esame

Tre – secondo Bloomberg – le opzioni all'esame, fermo restando che l'obiettivo finale per il presidente americano Joe Biden resta la creazione di uno Stato palestinese accanto a quello ebraico.

La prima concederebbe un controllo temporaneo su Gaza a paesi della regione, sostenuti da truppe americane, britanniche, tedesche, francesi e, idealmente, di nazioni arabe come l'Arabia Saudita o gli Emirati.

La seconda è una forza di di peacekeeping sul modello della forza multinazionale e del gruppo di osservatori che opera nel Sinai, facendo rispettare le condizioni del trattato di pace del 1979 tra Egitto e Israele: un'idea che Israele riterrebbe degna di considerazione.

Una terza opzione sarebbe un governo temporaneo della Striscia sotto l'ombrello dell'Onu: una soluzione che avrebbe il vantaggio della legittimità delle Nazioni Unite ma che Israele ritiene non praticabile per la sua sfiducia verso il Palazzo di Vetro.

Troppo pericoloso un contingente militare americano

Naturalmente per Biden sarebbe rischioso mandare anche un piccolo contingente militare, tanto che la Casa Bianca si è affrettata a precisare che l'ipotesi non è oggetto di considerazione o discussione.

Poche ore prima il capo dell'Fbi aveva ammonito che le azioni di Hamas e dei suoi alleati hanno creato le condizioni per un attacco contro cittadini americani come non si vedeva dai tempi dell'Isis, sullo sfondo di un aumento delle minacce antisemitiche («a livelli storici») e contro i musulmani.

Il presidente però continua a tessere la sua tela. Nell'ultima telefonata col re di Giordania Abdallah II i due hanno convenuto che i palestinesi non siano spostati forzatamente fuori di Gaza e hanno discusso «meccanismi di emergenza per frenare la violenza, abbassare i toni e ridurre le tensioni regionali».

Biden ha vantato inoltre la leadership americana nella mediazione con cui il Qatar ha raggiunto un accordo con Egitto, Israele e Hamas per l'uscita dalla Striscia di Gaza, tramite il valico di Rafah con l'Egitto, di un numero imprecisato di cittadini stranieri con doppia nazionalità (compresi molti americani) e altri in gravi condizioni di salute (in totale da 5000 a 7000 secondo la CNN).