Somalia Bomba a Mogadiscio, nuova strage firmata dagli Shaabab

SDA

5.3.2021 - 21:32

Militari a Mogadiscio (archivio)
Militari a Mogadiscio (archivio)
Keystone

Nella Somalia dilaniata dalla violenza jihadista si è registrata l'ennesima giornata di sangue: un'autobomba ha devastato un popolare e affollato ristorante di Mogadiscio, provocando una strage. Ancora una volta, firmata dagli Shabaab.

5.3.2021 - 21:32

I terroristi hanno scelto di colpire per fare più male possibile. Per questo hanno scelto un noto ristorante della capitale, 'Lul Yemeni', vicino alla principale prigione della città.

La polizia ha parlato di un veicolo bomba fatto esplodere fuori dal locale: «un'esplosione potentissima che ha provocato enorme distruzione e vittime fra civili», hanno reso noto fonti della sicurezza, che hanno parlato di almeno 10 morti. Subito dopo il bilancio è stato corretto al rialzo dai sanitari accorsi sul posto, che confermato almeno 20 morti e 30 feriti.

Dopo l'autobomba, secondo testimoni, c'è stato anche uno scontro a fuoco, facendo piombare tutta la zona nel caos. Il ristorante era già stato il bersaglio di un altro attentato, il 3 agosto scorso, ad opera di un kamikaze.

La rivendicazione

Dopo l'attacco è arrivata la rivendicazione su cui non c'erano molti dubbi: i responsabili sono stati gli Shabaab, cellula somala di al Qaida che dal 2012 mettono il Paese a ferro e fuoco per imporre una versione estrema della sharia, la legge islamica.

Cacciati da Mogadiscio nel 2011, i «giovani» (Shabaab) hanno perso il controllo della maggior parte delle città ma conservano un notevole presenza nelle campagne da dove organizzano attentati insidiando un governo di unità nazionale appoggiato dall'Onu ma in preda ad una destabilizzante crisi.

Il presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, infatti, ha rinviato le elezioni per insanabili contrasti fra le fazioni in lizza ma poi si è rifiutato di lasciare l'incarico dopo la fine del suo mandato l'8 febbraio.

Povertà, guerra, terrorismo. La Somalia resta prigioniera della violenza e della paura: vittima di 22 anni di dittatura del generale Siad Barre e poi, dopo la sua caduta nel 1991, di conflitti civili fra signori della guerra e terrorismo islamico degli Al Shabaab. E come se non bastasse, alla prese con una povertà endemica, croniche carestie, e la dipendenza dalle donazioni internazionali per sostenere le proprie istituzioni.

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