Nell'ultimo anno i governi di trenta nazioni hanno usato armi digitali per fare propaganda sulle reti sociali, silenziare il dissenso, orientare l'opinione pubblica e interferire nelle elezioni del proprio Paese, ma anche di Stati stranieri.
L'accusa arriva dalla organizzazione non governativa Freedom House, think tank americano che evidenzia una crescita rispetto alle 23 nazioni coinvolte nel 2016.
Nell'ultimo rapporto sulla libertà online, che vede la Cina all'ultimo posto, gli esperti analizzano l'arsenale usato per diffondere le "fake news di Stato": commentatori prezzolati, troll, bot (cioè account automatici che inviano messaggi spacciandosi per utenti in carne e ossa), falsi siti di notizie e vari veicoli di propaganda.
"L'uso di commentatori assoldati e bot politici per diffondere la propaganda governativa ha avuto la Cina e la Russia come pionieri, ma ora è diventato globale", osserva il presidente di Freedom House, Michael J. Abramowitz.
Accanto alle due potenze dell'Est ci sono Stati come la Turchia, il Venezuela e le Filippine, il Messico e il Sudan. La Internet Research Agency di San Pietroburgo è al centro del Russiagate per interferenze nelle presidenziali americane; nelle Filippine "l'esercito della tastiera" ha arruolato persone a 10 dollari al giorno per sostenere il presidente Duterte; in Turchia 6000 troll hanno fatto propaganda per il governo; in Sudan la fabbrica di bufale è direttamente all'interno dell'intelligence.
I governi stanno "aumentando marcatamente gli sforzi per manipolare l'informazione sui social, minando la democrazia", si legge nel rapporto, secondo cui la disinformazione ha avuto un ruolo importante nelle elezioni in almeno 18 Paesi nell'ultimo anno, tra cui gli Stati Uniti, "danneggiando la capacità dei cittadini di scegliere i propri leader sulla base di notizie vere".
Nel periodo considerato, tra giugno 2016 e il maggio scorso, la manipolazione delle notizie ha interessato diverse nazioni, anche quelle non chiamate alle urne. In Europa occidentale il rapporto segnala la presenza di false informazioni elettorali in tutti e quattro i Paesi esaminati: Italia, Francia, Germania e Regno Unito.
La manipolazione dei contenuti ha contribuito al settimo anno consecutivo di declino della libertà su internet, campo in cui la Cina è ultima in classifica preceduta da Siria ed Etiopia. Le nazioni più virtuose sono Estonia, Islanda e Canada.
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