Beirut torna a vivere i peggiori incubi della lunga guerra civile e delle altre crisi laceranti che hanno segnato i 30 anni passati dalla fine di quel conflitto.
Un'esplosione di potenza inimmaginabile - secondo alcuni testimoni udita fino a Cipro, a distanza di 200 chilometri - ha portato la devastazione e seminato il panico in tutta la capitale e nei sobborghi.
Almeno 27 morti e 2500 i feriti, secondo un primo bilancio ancora provvisorio della deflagrazione, avvenuta nel tardo pomeriggio nel porto e sulle cui cause regna ancora l'incertezza.
Il numero delle vittime potrebbe comunque aumentare, a giudicare anche dalle immagini diffuse dai social media e dalle televisioni che mostrano persone rimaste intrappolate sotto le macerie di edifici crollati.
Un testimone che vive sulle colline a est della capitale, alcuni chilometri dal porto, ha riferito all'ANSA che lo spostamento d'aria è stato talmente potente da far saltare tutte le placche delle prese di corrente nella sua abitazione.
Nessun edificio è rimasto con i vetri intatti
In interi quartieri del centro praticamente nessun edificio è rimasto con i vetri intatti. Fonti riferiscono che nella zona di Mar Mikhael nell'alto edificio di Electricité du Liban, l'ente elettrico nazionale, sono rimasti intrappolati molti dipendenti e che si è lavorato a lungo per trarli in salvo.
Sull'autostrada costiera che va verso nord e che passa vicino al porto, per un lungo tratto si vedono auto semidistrutte, mentre la carreggiata è coperta di detriti. Anche all'aeroporto internazionale Rafic Hariri, distante alcuni chilometri, i danni all'aerostazione sono evidenti.
Nel porto di Beirut sono ancorate anche alcune unità navali dell'Unifil, la forza di interposizione dell'Onu al confine tra Libano e Israele. In serata fonti informate hanno detto all'ANSA che squadre dei 'caschi blu' stavano cercando di raggiungere l'area dello scalo in elicottero, perché l'accesso via terra risultava praticamente impossibile.
Non si hanno per ora notizie sulla situazione degli equipaggi, che dovrebbero essere formati da marinai del Bangladesh. Fonti qualificate hanno detto invece che due militari italiani dell'Unifil sono rimasti feriti in modo non grave, mentre altri sono sotto osservazione perché in stato di choc.
Ferita anche l'ambasciatrice svizzera
Tra le persone colpite figura pure l'ambasciatrice svizzera a Beirut Monika Schmutz. È attualmente ricoverata in ospedale con ferite leggere. Nell'esplosione anche l'ambasciata elvetica è rimasta gravemente danneggiata, riferisce il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).
Schmutz si trova ora in ospedale, precisa ancora il DFAE. Secondo il Dipartimento, l'enorme onda d'urto ha causato la rottura di finestre su un raggio di diversi chilometri. L'esplosione ha danneggiato gravemente l'ambasciata elvetica e la residenza dell'ambasciatrice.
Riunione d'emergenza del Supremo consiglio della Difesa
Mentre in serata il presidente libanese Michel Aoun ha convocato una riunione d'emergenza del Supremo consiglio della Difesa presso il palazzo di Baabda, voci di ogni tipo si rincorrono sulle cause della deflagrazione, di una tale potenza da non avere uguali nemmeno durante la guerra civile durata 15 anni, dal 1975 al 1990.
Il capo delle forze di sicurezza nazionali, generale Abbas Ibrahim, ha detto che la causa è un incendio sviluppatosi in un deposito usato per custodire materiali altamente infiammabili sequestrati in passato.
Un video circolato sui social media mostra dapprima una colonna di fumo nero alzarsi nel cielo. Poi, in quelle che sembrano le fiamme di un incendio, alcune deflagrazioni minori. Infine, un'esplosione gigantesca che investe anche il balcone da cui vengono riprese le immagini, alcune centinaia di metri dal porto.
Momento di fortissime tensioni nel Paese
L'esplosione è avvenuta in un momento di fortissime tensioni in un Paese travolto da una crisi economica disastrosa, con le tensioni di confine che si sono riaccese negli ultimi giorni tra Israele e le milizie filo-iraniane di Hezbollah, e la sentenza del processo, attesa venerdì, per l'uccisione nel 2005 in un attentato sul lungomare di Beirut dell'ex primo ministro Rafic Hariri e altre 21 persone. Gli imputati sono quattro membri dello stesso Hezbollah, tutti latitanti.
Voci incontrollate riprese da alcune televisioni hanno parlato di un possibile attacco israeliano a un deposito di armi di Hezbollah. Ma sia il Partito di Dio sia Israele hanno smentito. Vista la potenza dell'esplosione, tuttavia, in linea teorica non si può escludere a priori che pur trattandosi di un incidente, a saltare in aria possa essere stato proprio un deposito di armi.
In Israele si ricorda che due anni fa, in un intervento all'Onu, il premier Benyamin Netanyahu denunciò la presenza di tre depositi di missili di Hezbollah a Beirut, uno allo stadio, uno all'aeroporto e uno proprio nel porto.
Grande preoccupazione è espressa nelle prime reazioni internazionali a quanto accaduto. La Casa Bianca ha fatto sapere che sta seguendo da vicino la situazione. Anche il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, che nei giorni scorsi si è recato in visita a Beirut, ha detto che la Francia "sarà sempre al fianco del Libano" ed è pronta a fornire qualsiasi tipo di assistenza.
Domani, intanto, in Libano è stato proclamato un giorno di lutto nazionale.
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