Francia Francia: polemiche su legge che vieta di filmare polizia

SDA

19.11.2020 - 12:07

Il ministro dell'interno francese Gérald Darmanin
Il ministro dell'interno francese Gérald Darmanin
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Forti polemiche sulla stampa in Francia dopo le parole del ministro dell'Interno, Gérald Darmanin, secondo il quale i giornalisti devono avvertire le autorità prima di recarsi a seguire per la loro testata una manifestazione.

Investito dalle proteste, lo stesso Darmanin poche ore dopo ha fatto marcia indietro, affermando che non stava parlando di «un obbligo».

La dichiarazione di Darmanin ha contribuito ad esarcerbare gli animi in una situazione già molto tesa fra il governo e diverse organizzazioni di giornalisti, che denunciano la proposta di legge in discussione in Parlamento sulla «sicurezza globale». Il progetto di legge limita, in particolare, la diffusione di immagini di poliziotti in servizio, una disposizione che la maggioranza dei media ritiene un possibile ostacolo al diritto di informazione.

In diverse città francesi, migliaia di manifestanti hanno protestato negli ultimi 2 giorni contro questa che viene definita «legge liberticida». A Parigi, una trentina di persone sono state fermate dopo una manifestazione nei pressi dell'Assemblée Nationale. Un giornalista della tv pubblica France 3, che filmava questi fermi operati dalla polizia, ha trascorso 12 ore in stato di fermo.

Interrogato ieri pomeriggio su questo caso, Darmanin ha affermato che i giornalisti «devono contattare le autorità» prima delle manifestazioni che si recano a seguire, così da poter fare «il loro lavoro protetti dalle forze dell'ordine». Parole che hanno fatto infuriare le associazioni di giornalisti, con molti che hanno utilizzato Twitter per rivolgersi direttamente al ministro facendogli notare che le manifestazioni di piazza non possono essere subordinate ad alcun «accredito».

La nuova legge sulla cosiddetta «sicurezza globale» prevede misure destinate a rispondere alle proteste dei sindacati di polizia, che lamentano minacce e aggressioni in aumento. Oggetto di disputa particolarmente accesa, la disposizione che prevede una pena di un anno di carcere e 45'000 euro di ammenda per la diffusione di «immagini del volto o altro elemento di identificazione» di un poliziotto o di un gendarme durante un intervento, quando ciò punta a «mettere in pericolo la sua integrità fisica o psicologica». Le associazioni di giornalisti denunciano una misura che verrà applicata non soltanto ai media ma anche a qualsiasi cittadino che riprenderà un'operazione di polizia.

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