Regno UnitoStaccate le macchine, è morto il 12enne Archie
SDA
6.8.2022 - 21:21
I suoi genitori hanno lottato fino all'ultima speranza, ricorrendo a tutte le vie legali del sistema britannico ed europeo. Tuttavia per Archie, 12 anni, non c'è stata via d'uscita e oggi il Royal Hospital di Londra ha staccato le macchine che lo tenevano in vita dal 7 aprile.
Keystone-SDA
06.08.2022, 21:21
06.08.2022, 21:23
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Quando fu trovato privo di sensi in casa a Southend, nell'Essex, in seguito a un incidente causato, sembra, da una sfida di autostrangolamento online fra coetanei.
«Era un bambino così bello. Ha lottato fino alla fine e sono così orgogliosa di essere la sua mamma», ha detto oggi tra le lacrime Hollie Dance davanti all'ospedale annunciando la morte del figlio avvenuta alle 12.15, due ore dopo da quando è stata tolta la spina al supporto vitale.
Archie Battersbee era un giovanissimo ginnasta di talento, appassionato di arti marziali miste. La madre da quel 7 di aprile è stata costantemente al suo capezzale. I medici avevano dichiarato la morte cerebrale da subito.
La carta della Corte Europea
In questi mesi i genitori hanno combattuto una dolorosa battaglia legale per impedire che al figlio venisse tolto il macchinario che lo teneva in vita.
Il padre, Paul Battersbee, nei giorni scorsi ha tentato l'ultima carta ricorrendo all'Alta Corte, alla Corte d'Appello e alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu) per ottenere il trasferimento del ragazzo in un hospice e garantirgli «una morte degna». Ma non c'è stato niente da fare: ieri la Cedu ha respinto la richiesta stabilendo che Archie doveva rimanere al Royal London di Whitechapel, nella zona est di Londra.
A quel punto un portavoce del Christian Legal Centre, che ha sostenuto legalmente la famiglia Battersbee, ha dichiarato ai media che tutte le vie giudiziarie erano state esaurite e i genitori erano devastati.
La decisione dei giudici
Nel corso delle settimane l'epilogo della vicenda si intravedeva già nelle decisioni dei giudici del Regno Unito sollecitati in ogni grado di giudizio. Tutti concordi nell'accreditare la diagnosi fatta dai medici di morte «altamente probabile» delle cellule cerebrali. E quindi la necessità di interrompere la respirazione artificiale. Nonostante e malgrado l'irriducibile opposizione della famiglia che ha sempre rifiutato una sentenza di morte fondata su elementi di «probabilità».
Non solo: Paul Battersbee e Hollie Dance in queste settimane terribili hanno bollato come «frettoloso, prematuro e gelido» il comportamento di medici, dirigenti ospedalieri e giudici invocando una proroga ragionevole di tempo per il loro ragazzo. La battaglia dei familiari è stata sostenuta sui social, con manifestazioni, da associazioni religiose pro life e gruppi di persone comuni.
I genitori non hanno lasciato nulla di intentato, compreso il ricorso al comitato Onu per i diritti delle persone disabili, a quello della Corte Europea di Strasburgo che ancora una volta si è detta incompetente a «interferire», così come aveva già fatto in passato per i casi dei piccoli Charlie Guard e Alfie Evans.
L'ultima spiaggia sembrava la possibilità di portare Archie in Italia o Giappone per continuare le cure: negata anche quella. E del resto questo è solo l'ultima vicenda in ordine di tempo che ha visto dei genitori contro il sistema legale e sanitario britannico.
«Dal 7 aprile, non credo ci sia stato un giorno che non sia stato terribile. È davvero dura, sono piuttosto distrutta», ha detto ieri sera la madre di Archi a Sky News. Alla domanda se potesse fare qualcosa di più, ha risposto: «No. Ho fatto tutto quello che avevo promesso al mio bambino. L'ho fatto».