ElezioniGran Bretagna verso un voto senza suspense, «Starmer ha già vinto»
SDA
1.7.2024 - 17:21
Un rush finale tutto sommato scialbo, destinato a cambiare poco o nulla. Inizia così la settimana in cui circa 50 milioni di britannici aventi diritto al voto saranno chiamati a rinnovare la Camera dei Comuni il 4 luglio e a darsi un nuovo governo.
Keystone-SDA
01.07.2024, 17:21
SDA
Sfida senza suspense – a differenza di quanto accade in Francia al di là della Manica e a meno di un apocalittico fallimento di tutti gli istituti demoscopici – con i conservatori avviati verso una disfatta annunciata, dopo l'azzardo kamikaze del voto anticipato del premier Rishi Sunak; e i laburisti del moderato sir Keir Starmer destinati a essere riportati al potere dopo 14 anni da una larga vittoria di default.
Fra ultime rilevazioni, prima che i sondaggi non possano più essere aggiornati, Opinum conferma il Labour attorno al 40% e i Tories al 20; mentre l'istituto Savanta fa calare il partito di Starmer al 38% (meno di quanto incassato dal radicale Jeremy Corbyn nel 2017), ma comunque con 17 punti di vantaggio minimo su quello di Sunak, e quindi in grado di fare man bassa di seggi (grazie al tradizionale sistema maggioritario uninominale secco del «first past the post»).
Un quadro che rassicura il favorito Starmer
Un quadro che rassicura il front-runner sir Keir, ex avvocato, ex procuratore della corona a Londra e leader non certo trascinante di un partito cauto fino alla vaghezza sui programmi.
Come testimoniano i sentimenti di città di tradizione operaia e socialista tipo Liverpool, la più laburista del Regno da sempre, dove a girare per strada l'ANSA stenta oggi a intercettare persino un singolo estimatore entusiasta di Starmer: etichettato da qualche passante più conciliante come «il male minore», da altri – sic et simpliciter – come «un Tory in cravatta rossa».
Unica carta realistica da giocare, in ogni modo, per un cambiamento pur che sia dopo quasi tre lustri di governi conservatori e tumulti vari fra Brexit, crisi, instabilità, scandali.
Cambiamento abbastanza soft da andar bene del resto pure all'establishment, come confermano gli endorsement a catena di media tradizionalmente liberal-moderati quali l'Economist, il Sunday Times di Rupert Murdoch o, ultimo, il Financial Times, voce della City e business: secondo un allineamento di preferenze e d'interessi che non si vedeva dai tempi del New Labour di Tony Blair.
Per Sunak si profila una devastante tempesta perfetta
Per il 44enne Sunak, primo capo del governo di origine indiana e non bianca nella storia del Regno, si profila viceversa una devastante tempesta perfetta che rischia di travolgere, oltre ai Tories e forse al loro ruolo storico, finanche il suo seggio individuale di deputato: incubo inedito per un premier in carica.
Per salvare il salvabile, Rishi ha provato a insistere su due cavalli di battaglia, la lotta all'immigrazione illegale e la politica fiscale, rinfacciando in particolare al rivale di nascondere una presunta intenzione di «aumentare le tasse» a pioggia una volta a Downing Street.
Ma la verità è che si considera lui stesso battuto, implicitamente, aggrappandosi in queste ore a un appello quasi disperato agli elettori a «non consegnarsi» a Starmer mani e piedi: come ad auspicare ormai solo una maggioranza laburista non troppo ampia.
Obiettivo minimo verso il quale una mano potrebbe venirgli se non altro dalla frenata della rincorsa a destra dei populisti di Reform UK di Nigel Farage, fermatisi attorno al 16% sulla scia della bufera legata alle dichiarazioni razziste di alcuni candidati.
Una non meglio precisata alternativa «al caos» Tory
Il leader laburista, da parte sua, si limita a martellare sull'offerta di una non meglio precisata alternativa «al caos» Tory di questi anni, evocando slogan sufficientemente generici sulla stabilità, la crescita, la sicurezza nazionale o la ricostruzione della «fiducia nella cosa pubblica» dopo ondate di scandali quali il Partygate dell'era di Boris Johnson o l'imbarazzante caso delle scommesse sulla data del voto.
Mentre, incalzato sui risultati sismici del primo turno francese, afferma che i «progressisti» sono l'unico argine alla «minaccia populista», sull'isola come in Europa continentale. Salvo affrettarsi ad aggiungere che, per vincere, occorre dare – dall'economia alla linea dura sugli sbarchi dei clandestini – «risposte alle preoccupazioni d'ogni giorno della gente comune». Umori e malumori inclusi.