Medio Oriente Hezbollah: «Pronti a ogni scenario di guerra»

SDA

4.3.2024 - 20:44

Il fumo si alza dal villaggio di Arab El Louaizeh nel Libano meridionale in seguito ai bombardamenti israeliani, il 3 marzo 2024.
Il fumo si alza dal villaggio di Arab El Louaizeh nel Libano meridionale in seguito ai bombardamenti israeliani, il 3 marzo 2024.
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Hezbollah si dice «pronto a ogni scenario di guerra con Israele», mentre sono in corso trattative tra l'inviato americano, Amos Hochstein, e gli alleati libanesi del Partito di Dio, appoggiato dall'Iran, e mentre lo scambio di fuoco tra lo Stato ebraico e il movimento armato sciita ha registrato una nuova escalation di sangue. Quattro persone sono rimaste uccise sui due lati della linea di demarcazione: tre nel sud del Libano e uno in Alta Galilea.

Keystone-SDA

La giornata di guerra era cominciata con la denuncia da parte degli Hezbollah di tentativi di infiltrazione, nella notte, da parte di militari israeliani in territorio libanese. Uno sviluppo senza precedenti dall'8 ottobre scorso, da quando, all'indomani del massacro di Hamas, è cominciato questo nuovo e interminabile round di fuoco tra i miliziani del Partito di Dio e lo Stato ebraico.

Media siriani vicini alle opposizioni anti-Hezbollah hanno invece fatto rimbalzare da Damasco la notizia dell'uccisione, sabato scorso, in un raid israeliano nel sud del Libano, di uno dei nipoti del leader degli Hezbollah, Hasan Nasrallah.

Una guerra al confine meridionale libanese non «contenibile»

Mentre si diffondevano queste notizie, è arrivato a Beirut l'inviato speciale del presidente americano Joe Biden, con il mandato di «congelare» il conflitto tra Hezbollah e Israele. Dopo aver incontrato rappresentanti istituzionali civili e militari libanesi, tutti legati direttamente o indirettamente a Hezbollah, Hochstein – che ha un passato da militare nell'esercito israeliano – ha affermato che una guerra lungo il confine meridionale del Libano non sarebbe «contenibile».

«Un cessate il fuoco temporaneo non è sufficiente. Gli Stati Uniti sono convinti che una soluzione diplomatica sia la sola via per porre fine alle ostilità» tra Hezbollah e Israele, ha spiegato.

Nei giorni scorsi il governo di Beirut aveva fatto sapere di essere disposto a trattare sulla base delle iniziative diplomatiche francese e americana, entrambe basate sul principio del ritiro degli Hezbollah dalla zona più vicina alla linea di demarcazione con Israele in cambio del riconoscimento da parte israeliana delle rivendicazioni territoriali libanesi.

Un negoziato tutto in salita

Secondo analisti, è un negoziato tutto in salita. Ma l'ipotesi costruita da Parigi e Washington consentirebbe di soddisfare prima di tutto una delle priorità del governo israeliano: il rientro a casa di decine di migliaia di civili israeliani dell'Alta Galilea sfollati da ottobre.

Anche in Libano il numero delle persone costrette a lasciare le proprie case cresce di giorno in giorno, sfiorando quota 100 mila in sei mesi di guerra. In questo contesto, Nabil Qawuq, membro del consiglio centrale del movimento armato libanese, ha affermato che «la resistenza si è preparata a tutte le possibilità di escalation per ottenere una vittoria (contro Israele) superiore a quella del luglio 2006», in riferimento all'ultima guerra su larga scala combattuta tra Israele e Hezbollah per 34 giorni e nella quale furono uccisi più di 1.100 libanesi e più di 150 israeliani.

Secondo Qawuq, le operazioni di Hezbollah «dimostrano che tutte le pressioni militari e politiche non sono riuscite a spezzare la decisione della resistenza di sostenere Gaza».