AfghanistanI talebani al potere: fuga disperata da Kabul, è caos all'aeroporto
SDA
16.8.2021 - 20:41
È la giornata della fuga da Kabul, una fuga disperata, a tratti suicida. L'immagine che descrive meglio il terrore dopo la restaurazione dell'Emirato islamico da parte dei talebani è quella di un aereo in fase di decollo inseguito sulla pista da una folla di uomini.
Keystone-SDA
16.08.2021, 20:41
16.08.2021, 22:22
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Alcuni di loro cercano di aggrapparsi al carrello, andando così verso una morte certa. Pochi istanti dopo il video mostra il drammatico epilogo: due puntini neri che cadono nel vuoto mentre l'aereo vola via.
L'immagine che restituisce la ragione di tanta paura è invece quella dei leader talebani che durante la notte, dal palazzo presidenziale di Kabul conquistato in poche ore dopo la fuga del presidente afghano Ashraf Ghani, annunciano un salto indietro di 20 anni.
«Il nostro Paese è stato liberato e i mujaheddin hanno vinto in Afghanistan», sono le loro parole. Seguite da una serie di rassicurazioni sul fatto che vogliono migliorare la vita delle persone, che garantiranno la sicurezza del popolo e anche i diritti delle donne.
L'aeroporto viene preso d'assalto
Ma nessuno gli crede e bastano poche ore a Kabul per capire come stanno veramente le cose. L'aeroporto viene preso d'assalto, tanto che, a più riprese, le forze di sicurezza americane si trovano a doverlo chiudere sospendendo tutti i voli: la gente invade in continuazione la pista, impossibile decollare o atterrare.
Gli aerei tedeschi sono costretti a tornare indietro. Chi è riuscito a fuggire lo ha fatto durante la notte, prima che lo scalo si trasformasse in una trappola. All'alba circolano già le immagini di gente a terra, uccisa dalla calca, dagli scontri, dall'urgenza di lasciare il Paese.
Almeno 10 i morti. I soldati statunitensi fanno sapere di aver ucciso due uomini armati che hanno aperto il fuoco contro di loro, il caos è totale, una marea umana si riversa nello scalo.
Chi ce la fa a decollare racconta che i talebani non sono affatto cambiati. «Ho paura per chi ha lavorato con noi ed ora sta per morire. I talebani li cercano casa per casa. Abbiamo lasciato migliaia di persone che rischiano la vita. La situazione è gravissima, la comunità internazionale li salvi», racconta tra le lacrime un ex collaboratori afghani del contingente e della cooperazione italiana, atterrato a Fiumicino in giornata.
Debacle dell'Occidente dopo 20 anni in Afghanistan
Anche l'ambasciatore afghano all'Onu Ghulam Isaczai usa le stesse parole durante la riunione di emergenza convocata sull'Afghanistan, assicurando di intervenire «a nome di milioni di afghani il cui destino è in bilico», comprese donne e ragazze «che stanno per perdere la loro libertà».
E' la prima di una serie di riunioni di emergenza per analizzare la debacle dell'Occidente dopo 20 anni di presenza in Afghanistan e valutare se c'è ancora una strada per porvi rimedio.
Domani sarà la volta del consiglio Esteri Ue, mentre il premier britannico Boris Johnson ha già chiesto un G7 ad hoc. Sul tavolo, oltre alla disfatta politica e diplomatica, già ammessa dalle cancellerie occidentali, anche la gestione delle migliaia di profughi che arriveranno verso l'Europa.
Kabul è deserta, sembra una città abbandonata
Nel frattempo, nel giorno 1 del nuovo regime, Kabul è deserta, sembra una città abbandonata. Per le strade lunghe code di macchine in fila, tutte vuote, con le portiere aperte. La gente le ha lasciate lì perché il traffico era paralizzato ed ha iniziato a correre verso l'aeroporto. Abbandonando strada facendo anche i bagagli.
Nel quartiere delle ambasciate molte bandiere sono state ammainate, a cominciare da quella americana.
Le donne sono sparite, le loro immagini già oscurate dai negozianti preoccupati dalla reazione dei talebani. Anche qui è una foto a parlare: un imbianchino che cancella da un poster pubblicitario il volto di una ragazza.
Ma le donne non compaiono neppure nei tanti video che circolano in rete sulla fuga verso l'aeroporto, l'invasione della pista, la corsa accanto agli aerei. Uomini, compaiono solo uomini. La giornalista afghana Shabnam Bayani spiega ad Al Arabya che si sono nascoste, per paura.
La reporter, in stretto contatto con le fonti a Kabul e nelle altre città del Paese, assicura che dalle regioni più lontane dalla capitale, come Helmand e Herat, nel sud-est e nell'est del Paese, arrivano già notizie di donne fatte schiave, di ragazzine costrette nei giorni scorsi a sposare i combattenti. E' la conferma che i talebani non sono cambiati.
Berna valuta di ora in ora come accogliere rifugiati afghani
Se la Svizzera debba accettare più rifugiati dall'Afghanistan è una questione che il Consiglio federale «valuta di ora in ora». Lo ha detto oggi a Berna il ministro degli esteri Ignazio Cassis. Il consigliere federale ha poi negato di essere in contatto con i talebani.
«Siamo in grado di prendere rapidamente decisioni come l'ammissione dei rifugiati. Ma la Svizzera dipende anche dalla cooperazione di altri Stati e da sola non può fare molto», ha aggiunto il capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) nel corso di un incontro con la stampa a Palazzo federale, avvenuto al termine di una seduta della commissione di politica estera alla quale ha presenziato per informare sull'attuale situazione in Afghanistan.
Per quanto riguarda i collaboratori locali del DFAE, l'obiettivo è di permettere loro di raggiungere la Confederazione. «Stiamo cercando ogni via per trovare una soluzione, ma la situazione è caotica», ha spiegato il consigliere federale, aggiungendo che l'aeroporto di Kabul, ad esempio, è vicino al collasso e molti altri Stati stanno cercando di fare lo stesso con i loro dipendenti sul posto.
A regnare, in Afghanistan, è il caos e dunque per arrivare in Svizzera i dipendenti locali del DFAE dovranno passare attraverso l'aeroporto militare. Cassis ha tuttavia ribadito che tutti e sei i membri elvetici della rappresentanza svizzera a Kabul hanno lasciato il Paese.
Il ticinese ai media ha poi tenuto a precisare che attualmente non ci sono discussioni in corso con i talebani. «Non possiamo parlare con i talebani perché non sono un governo. Tuttavia, organizzazioni come la Croce Rossa internazionale potrebbero farlo, ad esempio per organizzare gli aiuti umanitari».