La terapia seguita da Donald Trump suscita domande, ma la solidarietà degli autori satirici televisivi ha dei limiti. Le congetture che si susseguono dall’annuncio del contagio del presidente, invece, non ne hanno.
Ovviamente Donald Trump era consapevole di infrangere le misure di contenimento del coronavirus durante la sua uscita domenicale. Ma a circa un mese dalle elezioni presidenziali, il settantaquattrenne ha chiaramente voluto inviare un messaggio: l’obiettivo era dimostrare che stava bene e che era pronto per il 3 novembre.
Mentre i medici personali del presidente si sforzavano di minimizzare la gravità del suo stato di salute, i bollettini sanitari degli esperti del Walter Reed National Military Medical Center di Bethesda (Maryland), in cui Donald Trump è stato curato recentemente, dicono tutt'altro.
1) Qual è lo stato di salute di Donald Trump?
Anche se, visto dall’esterno, l’eminente paziente statunitense non appariva gravemente malato, il COVID-19 sembra aver colpito i polmoni di Donald Trump, come suggerisce il debole tasso di ossigeno rilevato nel sangue del presidente, a causa del quale, gli è stata somministrata, temporaneamente, una supplementazione di ossigeno.
La terapia seguita Donald Trump è un’altra ragione che spiega perché il suo stato di salute non deve essere sottovalutato. I medici del presidente gli avrebbero prescritto del desametasone: il «New York Times» riporta che si tratta di uno steroide più controproducente che curativo per le forme leggere della malattia.
Senza una valida ragione, non verrebbe probabilmente prescritto al presidente un farmaco che potrebbe comportare dei rischi in presenza di una forma leggera della malattia. L’autorevole quotidiano statunitense suggerisce un'altra possibile diagnosi: Donald Trump potrebbe aver imposto la sua terapia. Esiste persino un termine tecnico per indicare questi pazienti: sono colpiti dalla sindrome VIP.
2) «Saturday Night Live»: uno sketch brillante ironizza sul dibattito televisivo
Trasmesso dal canale NBC, il «Saturday Night Live» («SNL») è un’istituzione del panorama televisivo statunitense dal 1975. L’annuncio che il presidente ha dovuto fare a proposito del suo contagio venerdì 2 ottobre ha colto di sorpresa gli autori del programma.
Lo show ha però prontamente recuperato il giorno dopo grazie al suo grande ritorno in seguito ad una pausa di diverse settimane imposta dal coronavirus. All’inizio della trasmissione, il «SNL» apre con queste parole il suo sketch «cold open» dedicato al dibattito televisivo con Joe Biden: «Anche se abbiamo l’impressione che da martedì siano passati 100 anni, pensiamo che sia importante rivederlo.»
Si comincia quindi con Beck Bennett nella parte del presentatore della Fox, Chris Wallace, Alec Baldwin in quello del noto disturbatore Donald Trump, Maya Rudolph nei panni della vicepresidente designata dello schieramento democratico Kamala Harris, e Jim Carrey, come ospite superstar, che fa sfoggio del suo talento di attore interpretando Joe «This is the Deal» Biden.
3) Contagioso? Che importa!
Per il comico televisivo John Oliver, la notizia della positività di Donald Trump è stata al tempo stesso «scioccante e completamente inevitabile», anche se il presidente, ancora durante il dibattito televisivo di martedì scorso, derideva Joe Biden per la mascherina. Il presentatore di «Last Week Tonight» si chiede poi da quanto tempo Donald Trump sapesse di essere positivo.
Il problema è che la Casa Bianca avrebbe saputo giovedì mattina che la consigliera del presidente, Hope Hicks, aveva i sintomi del coronavirus. Nonostante questo, Donald Trump avrebbe insistito per partecipare a un ricevimento per la raccolta fondi per la sua campagna elettorale giovedì sera, in New Jersey – e durante l’evento c’era anche un «maledetto buffet» afferma John Oliver.
I collaboratori del presidente potrebbero essere stati contagiati sabato 26 settembre alla presentazione di Amy Coney Barrett, nominata alla successione di Ruth Bader Ginsburg alla Corte suprema: due persone che avevano partecipato all’evento organizzato alla Casa Bianca sono poi risultate positive.
«C’è qualcosa di terribilmente frustrante nel vederli abbracciarsi quando [altri] non vedono la loro famiglia da mesi o muoiono soli all’ospedale, commenta John Oliver. E non solo mettono in pericolo se stessi, ma soprattutto rischiano di contagiare gli altri. Il problema, con un virus altamente contagioso, è che si potrebbe arrivare ad uccidere qualcuno che non si è mai incontrato. Ma loro lo fanno lo stesso.»
4) Teorie di complotti a sinistra, a destra e altrove
Per l’amministrazione Trump, probabilmente, non c’erano dubbi che, con l'annuncio del contagio del presidente, sarebbe arrivato il momento delle teorie del complotto. Mentre i conservatori cercavano a gran voce un potenziale collegamento con lo scontro di martedì scorso di fronte al suo avversario democratico, le speculazioni procedono in un’altra direzione, si pensa che il presidente abbia finto su tutta la questione, riporta la «Associated Press».
Ci sono poi i seguaci delle bizzarre teorie del movimento QAnon, che non nascondono la loro gioia a seguito dell’annuncio della positività di Donald Trump – anche se, allo stesso tempo, pensano che la pandemia sia solo un’invenzione che ha lo scopo di nuocere al presidente. E, nonostante non credano al COVID-19 e rifiutino di portare le mascherine, difendono l’uso di idrossiclorochina, un farmaco controverso.
Come può stare in piedi tutto questo? QAnon diffonde la voce secondo cui Donald Trump sia riuscito a tirarsi indietro fingendo di essere stato contagiato per poi distruggere i suoi avversari. Questa esclusione ha addirittura un nome nel gergo grossolano di QAnon: «la tempesta». Sembra solo una cosa passeggera, eppure, venerdì scorso, il termine «QAnon» era tra quelli più cercati sulla versione statunitense di Google.