Medio Oriente Israele: «Pronti all'accordo, ma senza Hamas a Gaza»

SDA

2.6.2024 - 21:11

Mentre Israele ribadisce che nel futuro della Striscia ci sarà un governo «alternativo ad Hamas», cresce il sostegno alla roadmap rilanciata dal presidente Usa Joe Biden sia all'interno dello stesso Stato ebraico sia nella comunità internazionale.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in una foto d'archivio (immagine illustrativa).
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in una foto d'archivio (immagine illustrativa).
KEYSTONE/Gil Cohen-Magen/Pool Photo via AP

2.6.2024 - 21:11

Parlando al Sunday Times, Ophir Falk, consigliere del premier Benyamin Netanyahu per la politica estera, ha fatto sapere che Israele non respinge l'accordo: «È ciò che abbiamo concordato», ha spiegato. «Non è un buon accordo ma vogliamo con forza il rilascio di tutti gli ostaggi. Tutti».

«Ci sono ancora molti dettagli da definire e questo include – ha poi aggiunto – che non ci sarà un cessate il fuoco permanente fino a che tutti gli obiettivi di Israele non saranno raggiunti».

Tra questi, il ministro della Difesa Yoav Gallant ha ribadito la «distruzione» di Hamas per «impedirle di continuare ad esistere», ma soprattutto la preparazione a Gaza di «un governo alternativo» alla fazione islamica. «Quando isoleremo le aree, allontaneremo da queste il popolo di Hamas e – ha aggiunto – vi introdurremo altre forze che consentiranno un governo diverso». È noto che Gallant è contrario a un'occupazione militare di Israele della Striscia.

USA fiduciosi

Anche gli Usa, in vista della prossima riunione del Gabinetto di guerra israeliano, sono fiduciosi sull'esito della partita in corso sull'intesa. «Ci attendiamo che se Hamas si dirà d'accordo con la proposta, Israele dirà di sì», ha osservato il portavoce del consiglio alla sicurezza nazionale John Kirby in un'intervista ad Abc.

Del resto, secondo Kirby, Israele ha già «centrato buona parte dei suoi obiettivi a Gaza. Dal punto di vista militare, Hamas non è più nella situazione di condurre un attacco come quello del 7 ottobre. Non stiamo comunque sostenendo che Hamas è stato spazzato via o che non rappresenti più una minaccia per Israele, diciamo che non ha» più quella capacità.

Cresce il sostegno all'«Accordo Netanyahu»

Anche all'interno di Israele cresce il sostegno su quello che viene indicato come 'Accordo Netanyahu'. Ad opporsi restano i ministri della destra radicale – da Itamar Ben Gvir a Bezalel Smotrich – che hanno minacciato l'uscita dalla maggioranza e quindi la caduta del governo.

Ma in campo con il premier è sceso il presidente Isaac Herzog: «Ho detto al premier Netanyahu – ha annunciato – che darò a lui e al governo il mio pieno sostegno per un accordo che veda il rilascio degli ostaggi».

E anche il Forum delle famiglie degli ostaggi ha annunciato di voler fare pressione sui ministri e sugli esponenti politici per far accettare 'l'accordo Netanyahu' per riportare a casa i 120 rapiti ancora nelle mani delle fazioni armate a Gaza. Lo stesso ha fatto il kibbutz Nir Oz, tra i più colpiti dall'attacco di Hamas del 7 ottobre come numero di uccisi e di ostaggi.

Cosa succederà al valico di Rafah?

Resta il nodo del valico di Rafah, punto principale dell'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza. Al Cairo si è tenuta l'attesa riunione con gli Usa e Israele dove l'Egitto ha chiesto che la riapertura del valico sia preceduta dal «ritiro incondizionato» dell'Idf dall'area e dall'assicurazione che l'invio di aiuti a Gaza possa avvenire «senza restrizioni» e in presenza nello scalo di palestinesi. In questo caso, l'Egitto chiede il via libera per 350 camion al giorno per Gaza.

Rafah resta al momento il punto principale delle operazioni dell'Idf che, tuttavia, secondo il Wsj, sarebbero limitate su pressione degli Usa. L'esercito ha annunciato che si sta concentrando nel campo profughi di Yabna nella parte centrale della città più a sud di Gaza. Ma anche nel Corridoio Filadelfia – lungo il confine dentro Gaza con l'Egitto – dove i militari affermano di aver trovato molte armi e numerosi pozzi di lancio di razzi.

Non si ferma intanto lo scontro al nord con gli Hezbollah, con l'ennesimo lancio di razzi e droni dal Libano e la successiva risposta di raid israeliani.

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