I soccorritori impegnati in Calabria, dove un peschereccio con 250 migranti a bordo si è spezzato in due a causa del mare mosso.
Una trentina di corpi sono stati trovati subito, ma il bilancio dei morti è destinato a peggiorare.
I resti dell'imbarcazione sulla spiaggia, in località «Steccato».
Il peschereccio sul quale si trovavano i migranti si è spezzato in due.
I superstiti hanno raccontato che sul peschereccio c'erano almeno 250 persone.
Tra le vittime ci sono anche molte donne e bambini.
Una trentina di migranti trovati morti su una spiaggia in Calabria
I soccorritori impegnati in Calabria, dove un peschereccio con 250 migranti a bordo si è spezzato in due a causa del mare mosso.
Una trentina di corpi sono stati trovati subito, ma il bilancio dei morti è destinato a peggiorare.
I resti dell'imbarcazione sulla spiaggia, in località «Steccato».
Il peschereccio sul quale si trovavano i migranti si è spezzato in due.
I superstiti hanno raccontato che sul peschereccio c'erano almeno 250 persone.
Tra le vittime ci sono anche molte donne e bambini.
Una distesa di teli bianchi e poco lontano sagome accovacciate sotto teli termici gialli alla ricerca di un po' di calore. È quello che resta dell'ennesimo viaggio della speranza sulla rotta che dalla Turchia porta alle coste calabresi. Un viaggio concluso in tragedia su un tratto di spiaggia della frazione Steccato di Cutro, nel crotonese.
Un caicco carico di migranti si è spezzato a un centinaio di metri metri dalla riva ed è stata strage: 59 sono i cadaveri recuperati e un numero indefinibile di vittime ancora da recuperare, 40, almeno.
E tra loro bambini, tanti bambini. Quattordici sono quelli recuperati tra cui due gemellini di pochi anni e un piccolo di pochi mesi. Le vittime minorenni hanno un'età compresa tra i 13 anni e gli otto mesi. E poi 21 donne e 26 uomini. Intere famiglie spazzate via dalle onde. Solo in 82 si sono salvati. Per 22 di loro si è reso necessario il trasporto in ospedale e uno è in prognosi riservata in terapia intensiva.
Uno spettacolo agghiacciante
Quello che si è presentato agli occhi dei soccorritori è stato uno spettacolo agghiacciante. Cadaveri che galleggiavano ovunque. «Quando siamo arrivati nel punto del naufragio – ha raccontato Laura De Paoli, medico della Fondazione Cisom Cavalieri di Malta – abbiamo visto decine di cadaveri che galleggiavano ovunque. A un certo punto abbiamo visto due uomini che tenevano in alto un bambino. Siamo riusciti a recuperali, erano il fratello e lo zio del bambino che, però, era senza vita. Abbiamo provato a rianimarlo, ma aveva i polmoni pieni d'acqua e non ce l'ha fatta. Abbiamo saputo poi che aveva appena 7 anni».
E in questo scenario di morte c'erano i sopravvissuti che si aggiravano spaesati e terrorizzati sulla spiaggia, gridando alla ricerca di un parente, un amico, un figlio che non riuscivano a trovare. Sin da subito si è capita l'immensità della tragedia. La cui conta, purtroppo, non è ancora conclusa.
I soccorritori non hanno notizie certe su quante fossero le persone a bordo alla partenza. Dal racconto dei sopravvissuti emergono, in questo senso, numeri contraddittori. Alcuni parlano di 180 persone, altri indicano un numero molto superiore. Col passare delle ore si è fatta strada la convinzione che i migranti fossero circa 180.
Il che significa che mancano all'appello almeno una quarantina di persone, e le speranze di trovarle in vita, a questo punto, sono praticamente nulle. La tragedia è avvenuta in un tratto di costa isolata, con poche case, tutte distanti e disabitate in inverno, e su una spiaggia in cui sabbia e arbusti si contendono lo spazio.
Ipotesi dello scoglio sommerso
Il barcone, partito quattro giorni fa da Izmir, in Turchia, con un carico di cittadini iracheni, iraniani, afghani e siriani, era stato individuato nella serata di sabato da un aereo del servizio Frontex. Dal porto di Crotone hanno preso il mare due unità della Guardia di finanza, ma le pessime condizioni – con mare forza 3-4 – hanno obbligato gli equipaggi a rientrare.
Domenica mattina, poi, verso le 4, una telefonata internazionale, proveniente probabilmente dalla stessa imbarcazione, ha provato a dare l'allarme alla Sala operativa del Gruppo aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia. Il telefonista, però, a causa di un inglese stentato, non ha fornito indicazioni utili, ma gli operatori hanno comunque capito che poteva essere accaduto qualcosa di grave ed hanno dato l'allarme. Quando sono giunti sul posto, i soccorritori si sono trovati davanti uno scenario di morte, con la la tragedia che si era già consumata.
L'ipotesi ritenuta più probabile è che il barcone di legno si sia infranto contro uno scoglio sommerso a un centinaio di metri dalla riva, rimanendo in balia delle onde che l'hanno spezzato come un fuscello facendo riversare in mare il suo carico umano. Pochi, a bordo, sapevano nuotare e con la corrente e la forza del mare non ce l'hanno fatta. Si sono salvati soprattutto uomini.
La Procura della Repubblica italiana ha avviato un'inchiesta per ricostruire la dinamica della tragedia, ipotizzando i reati di omicidio e disastro colposi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Carabinieri e Guardia di finanza, intanto, hanno sottoposto a fermo un cittadino egiziano sospettato di essere uno scafista.
E sono i possesso dei documenti di un'altra persona che potrebbe avere fatto parte dell'equipaggio. Al momento è irrintracciabile. Non si sa se perché fuggito o se perché vittima o disperso anch'egli.
A concludere una giornata contraddistinta dal dolore, la mesta operazione di raccolta dei sacchi bianchi contenenti i poveri resti dei migranti. I corpi, dopo la benedizione impartita dal vescovo di Crotone Raffaele Angelo Panzetta, sono stati caricati su carri mortuari.