Iran Jihad economica con Iran, caso Usa che spaventa Erdogan

ATS

29.11.2017 - 19:23

Una vignetta mostra il 34enne imprenditore Reza Zarrab mentre testimonia in tribunale.
Una vignetta mostra il 34enne imprenditore Reza Zarrab mentre testimonia in tribunale.
SDA

Una "jihad economica" per violare le sanzioni Usa all'Iran. Un sistema fatto di mazzette e spericolate operazioni finanziarie, messo in piedi tra Ankara e Teheran sin dal 2011 con transazioni per centinaia di milioni di dollari.

Nell'aula del tribunale di New York, si decide molto più che il destino del banchiere Mehmet Hakan Atilla, ex numero 2 dell'istituto di credito statale turco Halkbank, perno degli affari sospetti con l'Iran. In ballo ci sono i già tesi rapporti tra Ankara e Washington e, forse, il futuro stesso del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Davanti ai giudici è comparso oggi il grande accusatore del banchiere turco, dopo settimane di mistero sulla sua sorte. Arrestato lo scorso anno a Miami durante un viaggio a Disney World, il 34enne imprenditore Reza Zarrab - passaporti turco, iraniano, azero e macedone - si trova sotto la protezione dell'Fbi dopo essersi dichiarato colpevole di frode bancaria, riciclaggio di denaro e altri reati finanziari mirati a violare le sanzioni a Teheran, stringendo un accordo per testimoniare in cambio di uno sconto di pena. L'ex pupillo di Erdogan, il "golden boy" che gestiva affari milionari con il traffico d'oro e campeggiava sulle pagine di gossip per il matrimonio con la popstar turca Ebru Gundes, porta in aula il suo carico di segreti che fa tremare i palazzi del potere di Ankara.

Un interrogatorio che potrebbe durare anche un paio di giorni, ma sin da subito ha delineato lo schema fraudolento: i ricchissimi utili provenienti dalla vendita di gas e petrolio iraniani venivano riciclati attraverso banche turche e americane, distribuendo mazzette a pioggia per ottenere la compiacenza di istituzioni finanziarie e politiche. A essere coinvolte sarebbero anche figure istituzionali, dal presidente della Banca centrale di Teheran, Mahmoud Bahmani, alle alte sfere di Ankara. A settembre, la procura aveva accusato anche l'ex ministro dell'Economia turco, Zafer Caglayan.

Ma per Erdogan è tutto un complotto. Come quello della Tangentopoli del Bosforo, che nel 2013 travolse 4 ministri del suo governo. Anche quella volta Zarrab era finito in carcere, salvo essere poi scagionato da tutte le accuse. Allora come oggi, secondo Ankara, a fabbricarle sarebbe stata la presunta rete golpista del magnate e predicatore islamico Fethullah Gulen. Un intrigo internazionale che ora potrebbe avere gravi conseguenze anche sulla credibilità del sistema bancario turco.

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