Elezioni L'India al voto, il leader Gandhi: «Salviamo la democrazia»

SDA

18.4.2024 - 20:46

Il leader senior del Congresso Rahul Gandhi dell'Alleanza inclusiva per lo sviluppo nazionale indiano (I.N.D.I.A) parla durante una conferenza stampa congiunta a Ghaziabad in Uttar Pradesh in India.
Il leader senior del Congresso Rahul Gandhi dell'Alleanza inclusiva per lo sviluppo nazionale indiano (I.N.D.I.A) parla durante una conferenza stampa congiunta a Ghaziabad in Uttar Pradesh in India.
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«Queste elezioni sono l'ultima possibilità di salvare la nostra Costituzione, e i principi fondanti del Paese», dice Rahul Gandhi, il leader del partito del Congresso, nel videomessaggio indirizzato ai militanti del suo partito alla vigilia dall'apertura delle urne nella prima tornata delle elezioni politiche indiane.

18.4.2024 - 20:46

Elezioni che per numeri, durata, sforzo organizzativo e costi saranno le più grandi mai tenute al mondo.

L'appello per la salvaguardia della Costituzione e dei suoi valori fondanti è la colonna portante della sfida, impari, che il partito di Gandhi e i 27 alleati della coalizione I.n.d.i.a (Indian National Developmental Inclusive Alliance) hanno cercato di portare al premier Modi.

Impari perché I.n.d.i.a. raccoglie appena 142 seggi contro i 303 di un Bjp di Narendra Modi che con gli alleati arriva a 352, e che oggi punta, da solo, all'obiettivo dei 400.

Impari perché il Bjp - partito conservatore di ispirazione nazionalista e induista - gode ormai di una macchina di influenza quasi imbattibile, oltre a poter vantare innegabili risultati positivi.

Il Paese va alle elezioni dopo dieci anni di governo Modi

Il Paese che va alle elezioni dopo dieci anni di governo Modi è infatti totalmente diverso da quello del 2014, quando il leader del Bjp arrivò al potere.

Da allora l'India è diventata la quinta potenza economica del mondo, conosce una crescita continua e nonostante le persistenti disparità ha visto realizzarsi un nuovo welfare, con decine di programmi di aiuti e distribuzione di servizi per i più poveri.

L'India ha visto la nascita di infrastrutture fondamentali, porti, aeroporti, strade, autostrade, treni ad alta velocità ed è diventato un Paese informatizzato.

In politica estera ha intrapreso la strada che la porterà ad essere una potenza globale e, mantenendo la sua storica posizione di non allineamento e l'anteposizione degli interessi nazionali ad ogni altra alleanza, si è comunque imposta come interlocutore geopolitico imprescindibile, contrappeso fondamentale all'influenza di Pechino sull'Asia, oltre che come voce del Sud globale.

Una sfida basata sulla tutela e la salvaguardia dei valori

La sfida elettorale delle opposizioni si impernia dunque, necessariamente, sulla tutela e la salvaguardia dei valori. Nella consapevolezza che, nel suo terzo mandato, Modi imprimerà un ulteriore giro di vite a quella che è già, con ogni evidenza, una democrazia segnata dall'autoritarismo.

Gandhi e gli alleati devono impedire a Modi di compiere il disegno che imporrà definitivamente l'Hindutva, «l'induità», l'ideologia dell'estremismo induista, che vuole dare all'India un'identità unica, dove c'è posto solo per gli induisti e dove, per tutti gli altri, resta o il ruolo di cittadini di serie B o la scelta di andarsene.

L'esatto contrario di quanto recita il preambolo della Costituzione: «L'India è una repubblica sovrana, socialista, secolare e democratica che garantisce a tutti i suoi cittadini la giustizia, la libertà e l'uguaglianza di status e di opportunità».

Le opposizioni combattono la repressione

Oltre ai principi, le opposizioni cercano di combattere le pratiche repressive, il bavaglio ai media, le richieste sempre più frequenti di rimuovere dai social ogni critica, l'uso delle agenzie del governo come l'Enforcement Directorate, il Central Bureau of Investigations e l'Income Tax Department (il fisco) per colpire chi critica.

E la mancanza di indipendenza delle istituzioni chiave del Paese, dai media al sistema giudiziario, che, come segnala il politologo Rajeev Barghava, «hanno tutte fallito e si sono arrese interamente al governo».

I 970 milioni di indiani che da domani andranno ai seggi hanno sette settimane per partecipare alla sterminata danza di democrazia del loro Paese: si saprà il 4 di giugno se i valori, un tempo fondanti, della «più grande democrazia del mondo» sono ancora ritenuti tali.

SDA