Guerra in Medio OrienteL'Iran minaccia Israele: «Colpiremo al momento giusto e nel modo giusto»
SDA
1.11.2024 - 21:48
Il rischio di una guerra regionale in Medio Oriente non è ancora superato. La risposta israeliana di una settimana fa all'attacco missilistico iraniano non ha riportato alcun equilibrio tra i due storici nemici. Al contrario, Teheran continua a minacciare una nuova rappresaglia, già approvata dall'ayatollah Ali Khamenei che ha dato l'ordine alle forze iraniane di «prepararsi» ad attaccare Israele. E lo Stato ebraico, in via precauzionale, ha già innalzato l'allerta.
Keystone-SDA
01.11.2024, 21:48
SDA
Colpiremo «al momento giusto e nel modo giusto», ha assicurato il consigliere della Guida Suprema, Kamal Kharraz, alla tv libanese filoiraniana Al Mayadeen, avvertendo che la Repubblica islamica ha ormai acquisito «la capacità di realizzare un'arma nucleare» e che solo «una fatwa» di Khamenei vieta per ora di farlo.
Tuttavia, ha ammonito ancora Kharraz, se il Paese dovesse trovarsi di fronte a una minaccia esistenziale la dottrina nucleare seguita finora potrebbe cambiare.
Diverse fonti, sia israeliane che iraniane, concordano che la risposta iraniana potrebbe avvenire prima del 5 novembre, data delle elezioni americane.
Il capo del Pentagono Lloyd Austin ha assicurato al ministro della Difesa Yoav Gallant che gli Stati Uniti sono pronti a difendere Israele e i partner nella regione in caso di un attacco iraniano che, secondo Axios, stavolta potrebbe partire dal territorio iracheno.
Sfumata l'ipotesi di arrivare in tempi brevi a un cessate il fuoco?
E sembra sfumata anche l'ipotesi di arrivare in tempi brevi ad un cessate il fuoco in Libano tra Israele e Hezbollah. I caccia dell'Idf hanno continuato a bombardare il sud di Beirut e il resto del Paese, provocando solo nelle ultime ore oltre 30 morti nella valle della Bekaa e altri 4 nella città costiera di Tiro.
«L'espansione della portata dei raid israeliani sul Paese confermano il rifiuto del nemico di tutti gli sforzi per arrivare a un cessate il fuoco», ha deplorato il premier libanese Najib Mikati, al quale – secondo fonti di alto livello alla Reuters – gli Stati Uniti avrebbero chiesto di dichiarare un cessate il fuoco unilaterale.
L'ufficio del primo ministro ha smentito questa ricostruzione che comunque avrebbe ricevuto una risposta negativa.
Ancora più drastico è stato Nabih Berri, il potente presidente del parlamento libanese, vicino a Hezbollah, che ha decretato «fallita» l'iniziativa americana per una tregua, perché – è la sua spiegazione – Benyamin Netanyahu ha bocciato la road map che era stata concordata tra Beirut e l'inviato Usa Amos Hochstein.
L'uomo di Joe Biden ha incontrato il premier israeliano appena due giorni fa a Gerusalemme, poi è ripartito per gli Stati Uniti. Un incontro «costruttivo» lo aveva definito una fonte americana ma, ha sottolineato Berri, «Hochstein non ci ha comunicato nulla dopo che è partito da Israele» mentre «aveva promesso» di farlo nel caso avesse intravisto elementi positivi.
Lontano anche un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza
A oggi appare ancora lontano – ben al di là della scadenza politica che Washington si era fissata in vista del voto – anche un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, con simili rimpalli di responsabilità tra Israele e Hamas.
La fazione islamica ha ribadito la sua contrarietà a discutere di una «tregua breve» in cambio del rilascio di alcuni ostaggi finché non saranno sul tavolo «le esigenze dei palestinesi»: e cioè il cessate il fuoco «totale e permanente», il ritiro dell'esercito da Gaza, il ritorno degli sfollati alle loro case e la fine dell'assedio della Striscia con l'apertura dei valichi.
Nel frattempo però la guerra non si ferma. Gli attacchi israeliani notturni sulla Striscia hanno causato almeno 47 morti, per la maggior parte bambini e donne, ha riferito l'agenzia palestinese Wafa. Dieci persone sono state uccise da un raid nel campo profughi di Nuseirat.
La situazione nel nord di Gaza «è apocalittica», hanno denunciato le agenzia umanitarie dell'Onu. L'insieme dei suoi abitanti corre il «rischio imminente di morire di malattia, fame e violenza».