Medio Oriente Netanyahu in piena crisi, Gallant sblocca le armi degli Stati Uniti per Israele

SDA

26.6.2024 - 21:05

Il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant.
Il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant.
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Pessimo momento per Benyamin Netanyahu. Non solo all'interno di Israele con una possibile crisi di governo sulla leva degli ortodossi, ma anche nei rapporti con gli Stati Uniti.

A riuscire dove ha fallito lui, è stato il ministro della difesa Yoav Gallant, che a Washington sembra aver sbloccato il carico di armi e munizioni americane che Israele attende da tempo.

Al termine dell'importante visita a Washington Gallant – dopo aver incontrato il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan – ha detto che «ci sono stati progressi significativi» sulla questione.

«Sono stati rimossi gli ostacoli e – ha spiegato – affrontate le strettoie al fine di portare avanti una serie di questioni e più specificamente il tema del potenziamento delle forze e della fornitura di munizioni per Israele».

Gallant, che ha solidi legami con gli Usa, si è anche tolto il classico sassolino dalla scarpa. «In ogni famiglia, e per noi gli americani sono una famiglia, i disaccordi – ha sottolineato – si discutono a stanze chiuse e si rimane uniti».

Una chiara critica al video pubblico del premier in cui, la settimana scorsa, ha accusato gli Usa di ritardare l'invio di armi. «Quando le controversie non si risolvono per settimane in stanze chiuse, il premier israeliano – ha ribattuto Netanyahu – deve parlare apertamente».

Il Governo sembra traballare sotto le minacce dei partiti religiosi

Ma Bibi ha anche altri problemi: il suo governo sembra traballare sotto le minacce dei partiti religiosi, Shas e Torah Unita, imbufaliti dal fatto che alla Knesset non sia mossa di un millimetro la proposta di legge (della maggioranza) sull'innalzamento dell'età per l'esenzione dalla leva degli ortodossi.

Dopo la sentenza della Corte Suprema che abolisce ogni esenzione per i religiosi, il presidente della Commissione esteri e difesa del Parlamento Yuli Edelstein (Likud come Netanyahu) ha detto che della legge non se ne parla finché tutti i partiti non troveranno un testo comune.

E non è tornato indietro neppure dopo un burrascoso colloquio con Netanyahu, preoccupato che Shas e Torah Unita escano dal governo, seppur non dalla maggioranza.

L'opposizione al premier si muove ormai a tutto campo

L'opposizione al premier si muove ormai a tutto campo. Un gruppo di intellettuali e uomini politici israeliani – dall'ex capo del Mossad Tamir Pardo, all'ex procuratore di Stato israeliano Talia Sasson, all'ex premier Ehud Barak, al premio Nobel Aaron Ciechanover, allo scrittore David Grossman – ha pubblicato sul New York Times un appello affinchè il Congresso ritiri l'invito a Netanyahu a parlare a luglio.

«Il premier – hanno denunciato – sta portando Israele verso il declino ad una velocità allarmante, al punto che potremmo alla fine perdere il Paese che amiamo».

L'Idf continua a premere a Rafah

Intanto al 264esimo giorno di guerra l'Idf continua a premere a Rafah. Secondo residenti – citati dai media internazionali – l'esercito si sta spingendo nella parte occidentale della città con intensi combattimenti. «Sosteniamo fermamente l'accordo del presidente Biden, che Israele ha accettato, e ora – ha ammonito Gallant – Hamas deve accettare, o subirne le conseguenze».$

Ma a destare sempre maggiore preoccupazione è la situazione in Libano dove si rischia lo scontro totale tra Israele e Hezbollah, alleati dell'Iran, che secondo l'Onu «sarebbe potenzialmente apocalittico». Basti pensare che Germania e Olanda hanno chiesto ai propri cittadini di lasciare il Paese.