ConflittiLe truppe Ecowas pronte contro i golpisti in Niger
SDA
10.8.2023 - 20:45
Sono appese a un filo le possibilità di una soluzione pacifica della crisi in Niger. L'Ecowas, dopo una lunga riunione straordinaria, ha aumentato notevolmente il livello di pressione sui golpisti, ordinando la mobilitazione delle forze armate dell'organizzazione.
10.08.2023, 20:45
10.08.2023, 20:55
SDA
Una prova generale di un intervento militare che resta ancora l'ultima opzione, e che in realtà nessuno sembra volere percorrere. Come dimostra la precisazione dei leader africani dal vertice di Abuja, che si dicono ancora disposti a insistere sulla via del dialogo. La strada della diplomazia è comunque stretta e accidentata, perché i segnali arrivati dalla giunta dei generali nigerini sono di una nuova sfida: la creazione di un governo ex novo a propria immagine e somiglianza e la minaccia di uccidere il deposto presidente Mohamed Bazoum.
Il summit della Comunità dei Paesi dell'Africa occidentale, a quattro giorni dalla scadenza dell'ultimatum ai golpisti, è iniziato in modo dimesso. Aprendo i lavori il presidente, il leader nigeriano Bola Tinubu, ha spiegato che il «fondamento del nostro approccio è dare priorità ai negoziati diplomatici e al dialogo». E poi ha ricordato che «purtroppo il nostro ultimatum di sette giorni non ha prodotto il risultato desiderato». Da qui l'appello a «coinvolgere tutte le parti interessate, compresi i golpisti, in discussioni serie per convincerle a cedere il potere e reintegrare il presidente Bazoum». Parole che erano suonate come la definitiva rinuncia all'uso della forza.
Il comunicato finale, invece, è stato di altro tenore. Oltre ad annunciare un inasprimento delle sanzioni contro la giunta nigerina, l'Ecowas ha «ordinato al comitato dei capi dell'esercito» degli 11 Paesi dell'organismo «di attivare le forze in modalità d'attesa e ordinarne il dispiegamento» in vista di un possibile intervento. Un segnale che la pazienza nei confronti dei golpisti sembra essersi esaurita, e che ci si stia rassegnando al peggio. Questo annuncio è stato tuttavia accompagnato dall'auspicio che la crisi possa ancora risolversi senza armi, ha fatto sapere lo stesso presidente nigeriano Tibutu.
Si attendono ancora altri passaggi
È impossibile al momento stabilire quando e in che cornice giuridica scatterebbe l'intervento armato, anche perché si attende tutta una serie di altri passaggi. L'Ecowas infatti ha chiesto all'Unione Africana di dare il proprio via libera e soprattutto ha invocato il sostegno di quanti più partner possibile, inclusa l'Onu. Ma è comunque certo che i Paesi vicini del Niger abbiano deciso di alzare ulteriormente la voce, al termine di una giornata in cui il nuovo regime a Niamey ha fatto di tutto per chiudere definitivamente la porta della diplomazia.
La nuova sfida dei militari è stata lo scioglimento del governo, espressione del voto democratico del 2021. A capo del nuovo gabinetto è stato messo un civile, Ali Mahaman Lamine Zeine, ma a guidare i nevralgici ministeri della Difesa e degli Interni sono stati piazzati due generali già membri del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, che è il vero cuore del regime.
I golpisti hanno anche respinto l'appello del segretario generale dell'Onu Antonio Guterres al «rilascio immediato e incondizionato» del deposto Bazoum. Ed hanno avvertito che lo «uccideranno» in caso di intervento armato internazionale. Il messaggio era stato recapitato all'inviata americana a Niamey, Victoria Nuland, che nei giorni scorsi aveva tentato una mediazione. Le condizioni di Bazoum, agli arresti domiciliari da due settimane, sono motivo di preoccupazione per Washington, che teme anche per la sua vita. Proprio grazie agli stretti legami con il presidente nigerino gli americani, insieme con i francesi, avevano fatto del Niger il quartier generale della lotta ai jihadisti che destabilizzano tutto il Sahel.
In sua difesa si è mosso l'ex leader ribelle tuareg Rhissa Ag Rhissa Ag Boula, che nel frattempo ha costituito un primo nucleo di resistenza interna. La sua linea è quella del pugno duro. «C'è stato un contagio di colpi di Stato e deve finire. Se l'Ecowas è seriamente intenzionato a difendere la democrazia, allora dovrebbe intervenire», il suo appello ad arginare una deriva autoritaria iniziata negli anni passati in Mali e Burkina Faso.