Scade lunedì alle 17.00 locali l'ultimo termine utile per il voto postale dei 160'000 iscritti Tory chiamati a scegliere chi fra Boris Johnson e Jeremy Hunt rimpiazzerà Theresa May come capo del partito e, da mercoledì, anche come primo ministro britannico.
I giochi sono in realtà fatti e gran parte degli aventi diritto (lo 0,25% della popolazione del Regno, notano i detrattori, tralasciando che May nel 2016 fu designata solo da qualche decina di deputati) ha votato da giorni. E la vittoria di Johnson appare scontata.
Il super favorito nella sua odierna colonna settimanale sul Daily Telegraph scrive già da premier. Invita il Paese a riscoprire attraverso la Brexit «il senso di una missione» e critica «i pessimisti» (con un velato riferimento all'oppositore interno Philip Hammond, cancelliere dello Scacchiere uscente anti-brexiteer) che non credono alla possibilità di un nuovo accordo di divorzio dall'UE «depurato» dal backstop sul confine irlandese. Traguardo che invece Boris giudica invece possibile, pur senza togliere dal tavolo l'alternativa del no deal.
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