Spagna Spagna: via libera del Parlamento alla riforma del lavoro

SDA

3.2.2022 - 22:05

Il premier spagnolo  Pedro Sanchez (a sinistra)  con la ministra delle finanze  Maria Jesus Montero
Il premier spagnolo Pedro Sanchez (a sinistra) con la ministra delle finanze Maria Jesus Montero
Keystone

Il Congresso dei deputati spagnolo ha convalidato la riforma del mercato del lavoro introdotta via decreto dal governo del premier Pedro Sánchez.

La nuova norma ha come obiettivi principali contrastare problemi endemici come l'alta precarietà, attraverso misure quali la limitazione delle categorie di contratti a termine permessi e l'incentivo di rapporti di lavoro più stabili (per esempio la modalità 'fisso-discontinuo' per settori soggetti a variazioni stagionali).

Un altro degli obiettivi della riforma – frutto di un accordo tra il governo, le principali associazioni imprenditoriali e i due sindacati maggioritari – è quello di garantire maggior peso ai lavoratori nelle negoziazioni dei salari con le aziende, mantenendo in vigore oltre i termini di scadenza, i contratti collettivi.

Il sì del Congresso è arrivato con un margine minimo di voti a favore (175 a 174), e dopo un momento di suspense: la presidente Meritxell Batet ha infatti annunciato in un primo momento che il decreto era stato respinto, poi si è corretta. Presente in aula Sánchez stesso, che ha esultato insieme ad altri membri del governo.

«La norma che sosteniamo oggi lascia alle spalle la riforma del Partito Popolare (centrodestra) e il suo nefasto modello di precarietà», aveva affermato in precedenza la vicepremier e ministra del Lavoro Yolanda Díaz, leader dei negoziati con le parti sociali. Il riferimento è alle ultime modifiche sostanziali applicate al mercato del lavoro spagnolo, introdotte nel 2012 dal governo dell'allora premier popolare Mariano Rajoy.

L'esecutivo di coalizione del socialista Pedro Sánchez non ha avuto vita facile per strappare l'ok alla riforma: due degli alleati abituali in Parlamento, i nazionalisti baschi del Pnv e gli indipendentisti catalani di sinistra di Esquerra Republicana hanno infatti votato «no». Per l'ok del Congresso sono stati decisivi i sostegni garantiti dal partito liberale Ciudadanos (di solito all'opposizione) e di una costellazione di piccoli partiti regionali, non tutti sempre schierati a favore di Sánchez.

La riforma è stata oggetto di un lungo negoziato tra la ministra Díaz, che è iscritta al Partito Comunista e rappresenta nel governo la sinistra di Unidas Podemos, gli imprenditori e i sindacati Ugt e Comisiones Obreras (Ccoo). «Si tratta dei miglioramenti di maggior portata per i lavoratori negli ultimi 40 anni», ha affermato Unai Sordo, segretario generale di Ccoo. Per la Confederazione spagnola delle organizzazioni imprenditoriali (Ceoe), la riforma accordata «consolida l'attuale modello di lavoro, che ha consentito di aumentare la produttività delle imprese, assicurarne la competitività e contribuire alla crescita dell'occupazione».

Il governo, da parte sua, ha sottolineato come alcuni effetti della riforma (entrata in vigore come decreto a fine dicembre) sarebbero già riscontrabili nel fatto che a gennaio sono stati firmati oltre 238'000 nuovi contratti indeterminati, la cifra più alta «della serie storica».

Sono rimasti sostanzialmente fuori dalla nuova norma aspetti inclusi nella riforma del 2012 come le condizioni sui licenziamenti: si tratta di una questione criticata da alcuni gruppi politici, che rinfacciano a Díaz di non aver rispettato la promessa di «abrogare la riforma di Rajoy».