Sismi in Turchia e SiriaI morti sono oltre 33'000, emessi 113 mandati d'arresto per i costruttori
ATS / sam
12.2.2023 - 16:25
È salito a 33'000 il bilancio delle vittime del terremoto in Turchia e Siria. I funzionari e i medici hanno dichiarato che 29'605 persone sono morte in Turchia e 3574 in Siria a causa della scossa di magnitudo 7,8 di lunedì, portando il totale confermato a 33'179, stando ai calcoli diffusi dall'agenzia francese Afp.
Keystone-SDA, ATS / sam
12.02.2023, 16:25
12.02.2023, 17:37
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Ieri un funzionario dell'Onu ha detto che questi numeri potrebbero raddoppiare. «Penso che sia davvero difficile da stimare in modo molto preciso perché dobbiamo ancora scavare sotto le macerie, ma io sono sicuro che (il bilancio dei morti) raddoppierà o andrà oltre», ha detto ai microfoni di Sky News il responsabile dei soccorsi delle Nazioni Unite, Martin Griffiths.
Intanto il massimo funzionario per le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, ha ammesso che le Nazioni Unite non sono riuscite a fornire aiuto alle persone nella regione siriana controllata dall'opposizione dopo il devastante terremoto di lunedì.
«Finora abbiamo deluso le persone nel nord-ovest della Siria. Si sentono giustamente abbandonate. Alla ricerca di aiuti internazionali che non sono arrivati», ha scritto in un tweet. «Il mio dovere e il nostro obbligo è correggere questo errore il più velocemente possibile. Questo è il mio obiettivo adesso», ha detto durante una visita nella zona di confine.
La Turchia emette 113 mandati d'arresto per i costruttori
Sono 113 i mandati d'arresto emessi dalle autorità turche in relazione alla costruzione degli edifici crollati durante il terremoto di lunedì: lo hanno reso noto funzionari del Paese, come riporta la Bbc.
La polizia turca ha già arrestato almeno 12 persone, inclusi imprenditori edili. Secondo alcuni critici si tratta di un tentativo di deviare la colpa del disastro, dato che gli esperti avevano avvertito da tempo che molti nuovi edifici non erano sicuri.
L'emittente riferisce che le politiche governative hanno consentito «amnistie» per i costruttori che non hanno rispettato le norme edilizie, anche in aree a rischio sismico, nel tentativo di innescare un boom del settore.
Il vicepresidente della Turchia, Fuat Oktay, ha detto che le autorità hanno finora identificato 131 persone sospettate di essere responsabili del crollo di alcune delle migliaia di edifici rasi al suolo durante il terremoto e che per 113 di loro sono stati emessi mandati d'arresto.
«Seguiremo meticolosamente la vicenda fino alla conclusione del necessario processo giudiziario, soprattutto per gli edifici che hanno subito danni ingenti e hanno causato morti e feriti», ha affermato Oktay.
Da parte sua, il ministro dell'Ambiente, Murat Kurum, ha detto che, sulla base di una prima valutazione di oltre 170'000 edifici, 24'921 sono crollati o sono stati pesantemente danneggiati dal sisma.
Le squadre di soccorritori tornano in Svizzera lunedì
Intanto le squadre di soccorritori elvetici stanno preparando il viaggio di ritorno in Svizzera previsto per domani, lunedì. La Catena svizzera di salvataggio è riuscita a proteggere le aree danneggiate e ha estratto dalle macerie in totale undici persone vive, tra cui due bebè.
La smobilitazione avviene in coordinamento con le autorità turche e con le altre squadre di soccorsi internazionali, ha indicato oggi il Dipartimento degli affari esteri (DFAE) all'agenzia Keystone-ATS. Gli 87 soccorritori elvetici erano partiti alla volta della Turchia lunedì scorso.
Ieri un secondo gruppo di dodici persone del Corpo svizzero d'aiuto umanitario (CSA) è giunto nel distretto di Hatay (Turchia). Il passaggio di consegne dalla Catena svizzera di salvataggio al CSA si è svolto oggi a mezzogiorno. I membri del CSA si concentrano ora sull'aiuto alla sopravvivenza delle persone colpite sul posto.
La necessità di rifugi resistenti all'inverno è grande. Gli abitanti hanno pure bisogno di spiegazioni sull'uso degli edifici che sono rimasti in piedi, nonché sulle cure mediche di base, ha precisato un portavoce del DFAE.
La Francia dona il suo ospedale da campo
La Francia ha inviato oggi un ospedale da campo alla Turchia colpita, come la Siria, da un terremoto quasi una settimana fa con migliaia di vititme. Lo ha reso noto il ministero degli esteri di Parigi.
Il Centro di Crisi e sostegno (Cdcs) del ministero per l'Europa e per gli affari esteri ha confermato oggi sul proprio account Twitter «la partenza questa mattina dell'ospedale da campo della Sicurezza Civile trasportato con un aereo cargo».
La Francia ha annunciato il 7 febbraio scorso che avrebbe dispiegato il suo ospedale da campo con sede al momento nel dipartimento del Gard. Si tratta di una struttura di quasi 2000 metri quadrati con una sala parto, due sale operatorie, un laboratorio, una farmacia, una sala di sterilizzazione e un'unità di rianimazione, oltre a stanze per ricevere e monitorare i feriti.
L'aeroporto turco di Hatay riprende le operazioni
L'aeroporto turco di Hatay, che si trova in una delle province più colpite dal catastrofico terremoto del 6 febbraio, ha ripreso le operazioni. Lo ha annunciato il ministero dei trasporti turco, secondo quanto riportato dalla Cnn.
«Abbiamo rapidamente riparato i danni sulla pista dell'aeroporto di Hatay, ha iniziato a funzionare oggi», ha scritto il ministero dei trasporti e delle infrastrutture della Turchia nella sua pagina Twitter ufficiale, condividendo le immagini della pista dell'aeroporto prima e dopo le riparazioni dei danni causati dal sisma.
Secondo l'operatore dell'aeroporto di Istanbul Iga, i lavori di riparazione sono iniziati l'8 febbraio e sono durati 96 ore. Il vice direttore generale dei servizi tecnici dell'aeroporto di Istanbul Forat Emsen ha dichiarato che i tecnici hanno lavorato senza sosta per 4 giorni, secondo l'agenzia di stampa statale turca Anadolu.
Si ritiene che l'aeroporto possa svolgere un ruolo fondamentale nella distribuzione rapida ed efficace degli aiuti logistici inviati nell'area del disastro, assicurando che le forniture vengano distribuite alle vittime del terremoto a Hatay e nelle province circostanti. Lo scalo si trova tra Antakya e Iskenderun, due città gravemente colpite dal terremoto.
Decine di scuole e ospedali distrutti
«Anche se non abbiamo ancora dati verificati, sappiamo che decine di scuole, ospedali e altre strutture mediche ed educative sono state danneggiate o distrutte dalle scosse, con un forte impatto sui bambini». Lo ha dichiarato in una nota il portavoce di Unicef James Elder.
«Questo è il terremoto più potente che ha colpito la regione in circa 100 anni ed è avvenuto nel momento peggiore possibile per i bambini e le famiglie vulnerabili nelle aree colpite. Migliaia di case sono state distrutte, le famiglie sono sfollate e sono esposte alle intemperie in un periodo dell'anno in cui le temperature regolarmente si abbassano sotto le zero e sono frequenti neve e pioggia gelata», ha spiegato.
«Le famiglie sfollate in Siria nordoccidentale e le famiglie siriane rifugiate che vivono in accampamenti informali in Turchia sono fra le più vulnerabili mentre le temperature notturne continuano a scendere sotto lo 0. Nel nord-ovest della Siria c'era già una situazione emergenziale. Le comunità lottano con l'epidemia di colera in corso e forti piogge e nevicate. In questo contesto, caratterizzato da oltre un decennio di conflitto, questo terremoto è assolutamente insopportabile».
In termini di risposta dell'Unicef, in Siria l'attenzione immediata è rivolta a garantire ai bambini e alle famiglie colpite l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienici, alla protezione dell'infanzia, all'istruzione e alle forniture mediche. «La popolazione sfollata in Siria ha bisogno di cibo e di servizi nutrizionali essenziali. Garantire il soddisfacimento dei bisogni nutrizionali dei bambini sotto i 2 anni e delle donne in gravidanza è fondamentale», ha sottolineato Elder.
«In Turchia, gli sforzi sono attualmente concentrati sulla ricerca e il salvataggio e l'Unicef si sta coordinando con il governo e la presidenza per la gestione dei disastri e delle emergenze sulle necessità che emergono legate alla più ampia risposta umanitaria».