Ha già quasi raggiunto il miliardo di euro in meno di 48 ore la raccolta fondi lanciata per ricostruire la cattedrale di Notre-Dame di Parigi, devastata lunedì da un incendio.
Una pioggia di soldi, arrivata per la maggior parte dalle grandi firme industriali di Francia, ma anche dall'estero e da piccoli donatori privati, che rappresenta in cifre l'attaccamento del mondo a quel simbolo di storia, cultura, religione. Ma che ad alcuni è sembrata uno «schiaffo alla miseria», alla povertà, ai bisognosi.
I soldi ci sono... per ciò che interessa
Secondo i sindacati, per esempio, le mega donazioni dei «Paperoni francesi come Francois Pinault (Kering) e Bernard Arnault (Lvmh) o di grandi gruppi come Total» dimostrano che i soldi ci sono: «Se sono in grado di donare decine di milioni per ricostruire Notre-Dame, smettano di dirci che non ci sono abbastanza soldi per rispondere all'urgenza sociale» o per i loro dipendenti, è il commento di Philippe Martinez, segretario generale della Cgt, il principale sindacato francese. Evidentemente, ha aggiunto, «i soldi non piovono» allo stesso modo per tutte le cause.
Una constatazione fatta anche dalla Fondation Abbé Pierre, che da decenni si occupa degli emarginati, che con sarcasmo scrive su Twitter: «400 milioni per Notre-Dame, grazie Kering, Total e Lvmh per la vostra generosità. Siamo molto legati al luogo dei funerali dell'Abbé Pierre (le esequie del fondatore si tennero nel 2007 proprio a Notre-Dame, ndr). Ma siamo anche molto legati alle sue battaglie. Se poteste dare l'1% ai bisognosi, saremmo soddisfatti».
400 millions pour #NotreDame, merci @KeringGroup@TotalPress@LVMH pour votre générosité : nous sommes très attachés au lieu des funérailles de l'abbé Pierre. Mais nous sommes également très attachés à son combat. Si vous pouviez abonder 1% pour les démunis, nous serions comblés.
Sui social si scatenano anche i gilet gialli, nonostante la cifra delle donazioni non rappresenti nemmeno un decimo dei costi delle misure da 8-10 miliardi annunciate dal presidente Emmanuel Macron lo scorso dicembre per rispondere alle loro proteste.
In molti si indignano per le detrazioni fiscali, annunciate dal premier Edouard Philippe ai contribuenti francesi: il 75% sulle donazioni fino a 1000 euro e il 66% su quelle maggiori.
La famiglia Pinault ha già detto che rinuncerà agli sgravi fiscali previsti per la sua donazione di 100 milioni di euro, ma la polemica dilaga sul web.
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