Da Facebook a TwitterTrump silenziato dai social, Zuckerberg: «Rischio troppo grande»
SDA
7.1.2021 - 21:55
Donald Trump è fuori di sé. Qualcuno, con un linguaggio più crudo, lo descrive in queste ore «fuori di testa». Urla, sbraita, schiuma rabbia, ma intorno a sé non c'è più quasi nessuno, nemmeno i fedelissimi che gli sono stati accanto fino all'ultimo istante, quello più tragico.
Quello di un assalto al Congresso che mai si era visto in oltre due secoli di Stati Uniti, e che rappresenta l'episodio più vicino a un colpo di Stato dell'intera storia americana.
A mandare «fuori di testa» il presidente uscente anche la censura senza precedenti da parte di social, che pure dopo le elezioni avevano iniziato a marchiare con appositi disclaimer i post più controversi.
Il giocattolo però stavolta si è rotto: Trump viene silenziato definitivamente, impossibilitato a dire la sua parlando senza filtri a colpi di post su Twitter e Facebook, bandito dalla piattaforma di Zuckerberg fino alla fine dei suoi giorni da Commander in chief e dal sito di microblogging – il suo preferito – almeno fino a giovedì.
Zuckerberg: «Rischio troppo grande»
«Il rischio di consentire al presidente di continuare a usare il nostro servizio» in questo momento «è semplicemente troppo grande. Per questo estendiamo il blocco che abbiamo deciso sui suoi account Facebook e Instagram a tempo indeterminato e per almeno le prossime due settimane, fino a quando una pacifica transizione di potere sarà completata», ha spiegato Mark Zuckerberg dicendosi «scioccato» da quanto accaduto.
Fatti che dimostrano come «il presidente Trump intende usare il resto della sua permanenza in carica minando una pacifica e legale transizione di potere al suo successore, Joe Biden».
Sempre più solo dunque The Donald. Non c'è più al suo fianco il vice Mike Pence, considerato oramai un codardo e un traditore, ed è sparito il consigliere della sicurezza nazionale Robert O'Brien.
Tutti hanno deciso di mollare Trump al suo destino
Nella West Wing, dopo quanto accaduto sul suolo sacro del Campidoglio, oramai tutti hanno deciso di mollare Trump al suo destino, con dimissioni a catena in arrivo. Alleati di ferro come Mitch McConnell, leader repubblicano al Congresso, e il senatore Lyndsay Graham non ne vogliono sapere più nulla: «Quando è troppo è troppo».
E a prendere le distanze sembrano essere anche la moglie Melania e il resto della famiglia, i figli, i primi che rischiano di essere travolti e schiacciati dal drammatico epilogo.
Sono tredici i giorni che separano l'America all'Inauguration Day del 20 gennaio, quando Joe Biden giurerà da 46mo presidente degli Stati Uniti e si insedierà alla Casa Bianca. Meno di due settimane, dunque, e si volta definitivamente pagina. Ma per molti, alla luce di quanto accaduto, si tratta di un lasso di tempo lungo ancora un'eternità.
Timore di ulteriori colpi di coda di Trump
Il timore è quello di ulteriori colpi di coda da parte di un animale ferito e ormai fuori controllo, come ne parla chi lo ha visto nelle ultime 48 ore. Come quando in tv andava in scena lo scempio con morti e feriti sulla Rotonda del Capitol e il tycoon continuava a scagliarsi con forza ancora una volta contro Pence, incapace di trasformare in realtà i suoi deliri.
C'è chi dubita oramai seriamente della sua stabilità: non poco per una persona ancora nel pieno dei suoi poteri presidenziali e che, tra le altre cose, detiene il controllo della valigia con i codici nucleari. Ecco spiegato il pressing di molti per cercare di rimuoverlo dall'incarico. Più che con l'impeachment con il ricorso al 25mo emendamento, cacciandolo dalla Casa Bianca prima del tempo per manifesta incapacità.
Ironia della sorte, ruoli ribaltati: Trump, il boss di The Apprentice, a sua volta licenziato, silurato, un presidente che si sente dare il benservito, «You're fired!».
Uno scenario che potrebbe vedere la luce nelle prossime ore. Non è solo il modo per scongiurare danni ancor più irreparabili ed evitare che The Donald trasformi l'Inauguration Day in un nuovo campo di battaglia. Dichiarare il presidente incapace potrebbe essere anche la mina per far saltare tutte le sue ambizioni future, come una nuova candidatura nel 2024.