Forza Ambrì!Notte silente in Leventina: il mondo antico che non esiste più
Di Kilian Gasser
10.12.2020
La fine è vicina per la pista della Valascia. Così si prepara una nuova tappa intrisa di nostalgia della storia dell’HC Ambrì-Piotta, in un contesto di restrizioni legate al coronavirus. Questa è l’occasione di visitare questo tempio leventinese dell’hockey su ghiaccio.
Come tanti altri nel vicino Canton Uri, sono stato sin da subito contagiato dalla passione per i Biancoblù, che a tutt'oggi non mi ha abbandonato. Da 40 anni ormai, effettuo un pellegrinaggio alla «Cattedrale della Leventina» quasi ogni settimana in autunno e in inverno per assistere alle partite dell’HC Ambrì-Piotta.
Ma in 40 anni, non ho ancora mai assistito a una partita alla Valascia davanti a soli 30 tifosi, come accade in questa fredda notte di luna piena di fine novembre 2020. Per via delle misure di lotta contro il coronavirus, le manifestazioni pubbliche in Ticino possono accogliere solo 30 persone.
L’HC Ambrì-Piotta, istituzione socioculturale dell’Alta-Leventina, effettua ormai dei sorteggi tra gli abbonati per ogni partita.
Ambrì-Piotta somiglia oggi a un villaggio fantasma
Anche il tragitto fino alla pista assume oggi un’aria sinistra. Sulla strada principale tra Airolo e Piotta, dove durante i giorni delle partite, fiumi di auto degli spettatori serpeggiano attraverso le strette curve, sono oggi solo al mondo.
A proposito di Kilian Gasser
Originario del Canton Uri, Kilian Gasser (50 anni) è stato contagiato sin dall’infanzia dall’«Virus-Ambrì», molto tenace ma fortunatamente inoffensivo. Dopo quindici anni trascorsi a Zurigo, è ritornato nella sua regione d’origine da dieci anni. Lavora come freelance per diversi media e organizzazioni e continua a scrivere o a collaborare alla scrittura di resoconti con le sue impressioni sull’HC Ambrì-Piotta.
In tempi normali, non appena giunti al parcheggio allestito sulla vecchia pista di atterraggio, ci dirigiamo in massa verso lo stadio prima dell’inizio della partita.
Stasera, Ambrì-Piotta resta un villaggio fantasma, malgrado la partita di coppa contro il Friburgo. Al Ristorante Monte Pettine, luogo d’incontro dei tifosi che in tempi normali è sempre pieno, le luci sono spente. Soltanto la Valascia brilla di mille luci. E il vecchio sistema audio dello stadio rimbomba ancora più forte nella notte.
Tristezza nello stadio
Davanti alla sala, in cui siamo abitualmente centinaia a prepararci per la partita intorno a castagne e vino rosso, soltanto alcuni ostinati pazientano. Gli stand della ristorazione sono solo dei muri di assi. È aperto soltanto il negozio che propone articoli per tifosi, malgrado la minuta folla di spettatori imposta dalla Confederazione. Questa è la ragione per cui stasera ne approfitto ancora di più per concedermi un tradizionale «Panettone Biancoblù», che la gente ama riportare da Ambrì nel periodo di Natale.
All’interno dello stadio, le due squadre si riscaldano per la partita. Sulle tribune, non c’è nessuno. Al centro della Curva Sud, dove cantiamo con tutte le nostre forze anche prima dell’inizio della partita, c’è soltanto un albero di Natale decorato. I membri del gruppo di tifosi della Gioventù Biancoblu l’hanno eretto in sostituzione della loro presenza durante la partita.
Con una bandiera in memoria degli sportivi Doris de Agostini e Diego Maradona, recentemente deceduti, due grandi campioni «di un mondo che non esiste più ». Anche in un contesto di stato di emergenza, la Leventina non dimentica le leggende: Arrivederci, Doris e Diego.
L’allestimento sembra dimostrare che al di là di queste due leggende dello sport, l’omaggio si indirizza anche al loro passato. Al passato di questo stadio leggendario, che sarà demolito al più tardi tra due anni. Sorge infatti su di una ripida pendenza, in piena zona a rischio valanghe, cosa che rende impossibile il restauro di emergenza.
Dall’altro lato della valle, giusto di fianco all’autostrada, la Nuova Valascia, un complesso sportivo moderno di 7000 posti concepito dall’architetto star Mario Botta, è in fase di costruzione.
I dolori del portiere
Negli stretti corridoi della Valascia, incontro Benjamin Conz, il portiere della prima squadra, attualmente infortunato. Come giocatore, spera che l’ambientazione storica sarà ripresa anche nel nuovo stadio. Ex membro del movimento junior del HC Ajoie, il portiere, ormai un veterano nella National League, ha già conosciuto tutti gli stadi dell’élite svizzera.
Ma è solo nel venerabile tempio dell’hockey della Valascia che ha incontrato un pubblico così caldo e un’atmosfera così straordinaria. Quest’ambiente unico è stimolante, in particolare nelle situazioni di gioco difficili, rivela il riservato Benjamin Conz.
L’assenza del pubblico li colpisce, afferma – anche se a volte giocare in uno stadio fantasma può presentare meno distrazioni esterne. Tuttavia, secondo lui è essenziale sentire le emozioni del pubblico. «È per quelle emozioni che facciamo tutto questo.»
Le emozioni dell’allenatore non bastano
Per il momento, fatta eccezione per le emozioni che provengono dalle panchine dei giocatori e dai rimbalzi del disco contro la balaustra, non c’è quasi alcun rumore nello stadio. I trenta spettatori autorizzati – che siedono nella tribuna principale conformemente alle esigenze – sono seduti sotto spesse coperte di lana.
Soltanto quando l’allenatore dell’Ambrì-Piotta, Luca Cereda, arrabbiato dopo una rete degli ospiti, si fa sentire in tutto lo stadio, alcuni spettatori alzano la voce. «Arbitro merda!». In questo momento preciso, penso anche io un furioso «Arbitro – ahia-ahia -ahia!».
Ma oggi, la squadra non riesce a ribaltare la situazione. Senza emozione, viene eliminata dalla coppa di fronte alla compagine friburghese. L’inno della vittoria, la celebre «La Montanara», che sarebbe stato bello anche con le sole nostre trenta voci, ci viene rifiutato questa sera.
Dopo la partita, un po’ triste, con il mio Panettone Biancoblù in mano, attraverso il villaggio deserto con un amico e compagno di avventure. Mi dico allora che il nuovo mondo di HC Ambrì-Piotta forse non somiglierà mai più a questo «vecchio mondo che non esiste più» – come indicava lo striscione nella Curva Sud.
Un mito che sicuramente perdurerà
Forse non rivivremo mai più quei momenti speciali che ha conosciuto la vecchia Valascia, come nell'ottobre 2010 quando, dopo una sconfitta in casa contro l'EV Zug, venne lanciata una valigia sulla pista. Un messaggio inequivocabile indirizzato a Benoît Laporte, l’allenatore dell’epoca. Qualche giorno dopo, l’impopolare coach a corto di risultati fu licenziato e dovette fare le valigie.
Le possibilità di vedere questo pubblico entusiasta scuotere ancora una volta le tribune della venerabile Valascia dopo un gol decisivo si riducono a mano a mano che la pandemia prosegue. Anche quel viscerale e appassionato «Ambrì, Ambrì, Ambrì!» che attraversa l’edificio gelato ad ogni azione incandescente non si udirà probabilmente mai più nella vecchia pista.
In fin dei conti a fare ritorno è sempre quella sofferenza, quella malinconia, che costituiscono il DNA dell'HC Ambrì-Piotta, quello dell'eterno outsider leventinese.
L’addio silenzioso alla vecchia Valascia alimenterà ancora il mito. Finché le mura moderne e nuove di zecca della Nuova Valascia non tremeranno ancora e «La Montanara», l‘inno della vittoria, non risuonerà nuovamente di migliaia di voci dall’altro lato della valle.