COVID-19 Riapertura parziale dei centri diurni per anziani dal 18 maggio

pab / sam

8.5.2020

Il direttore del DSS Raffaele De Rosa
Il direttore del DSS Raffaele De Rosa
Ti-Press

Da Bellinzona, alle 15.00, si è tenuto un nuovo momento informativo molto atteso in merito alla situazione sanitaria ticinese dovuta alla pandemia di COVID-19. 

Il primo a prendere la parola è stato il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Raffaele De Rosa, il quale ha sottolineato che da alcuni giorni stiamo assistendo a un consolidamento della tendenza, con dati di positività sotto la decina, accompagnati da un costante calo delle ospedalizzazioni.

«Purtroppo però – ha sottolineato il ministro – contiamo ancora giornalmente dei decessi: ogni numero significa una persona, la storia di una famiglia, una comunità ancora duramente provata da questo subdolo virus».

Da lunedì fase di allentamenti e contenimento

Da lunedì, ha ricordato De Rosa, si entra in una nuova fase, quella degli allentamenti e del contenimento, che impone piani di protezione in ogni settore. «In questa nuova fase dovremo imparare a convivere con il virus e a non abbassare la guardia. Finché non ci sarà un vaccino o una terapia, dovremo continuare a mantenere le distanze sociali e le norme igieniche accresciute. Anche quando andremo a bere un caffè al bar o ad acquistare un vestito».

Dobbiamo inoltre rafforzare le misure di protezione, ha ricordato De Rosa, ad esempio ricorrendo all’uso corretto della mascherina, quando la distanza sociale non può essere garantita o per le persone più vulnerabili.

Ripresa nelle strutture sanitarie delle attività non urgenti

Si tratta di una situazione che le strutture sanitarie stanno gestendo da diverse settimane e che, grazie al contenimento del numero di contagi, ha potuto permettere di riprendere anche tutte le attività non urgenti.

«È fondamentale che la popolazione faccia capo alla rete di cura per evitare di posticipare troppo la visita dal proprio medico», ha sottolineato il direttore del DSS, spiegando che proprio per questo motivo il Consiglio di Stato ticinese ha adottato un nuovo dispositivo, che riduce ulteriormente le postazioni di cure intense e i letti dedicati al covid nel Cantone.

La Carità non più dedicato solo al COVID-19

In questo modo, letti e personale possono quindi tornare a essere usati per la presa a carico delle attività ordinarie. In questo contesto, De Rosa ha fatto sapere che l’Ospedale La Carità di Locarno non è più dedicato esclusivamente ai malati covid e nel dispositivo, che aveva messo a disposizione fino a un centinaio di letti in cure intense per i pazienti covid, ci sono attualmente 45 postazioni (presso La Carità, la Clinica Luganese Moncucco e il Cardiocentro).

Ci sono poi 160 letti acuti presso La Carità e la Clinica Moncucco, rispetto ai 225 precedenti e si farà ora a meno di quelli all’Ospedale Italiano di Lugano e alla Clinica Santa Chiara di Locarno.

Per quel che concerne la fase 3 e 4, è prevista ancora la disponibilità all’Ospedale Malcantonese di circa una trentina di posti letti. Anche in questo caso si farà a meno dell’Ospedale di Faido e dell’Ars Medica di Gravesano, che hanno dato il loro appoggio finora. Infine, per la fase di riabilitazione, ci sono una trentina di letti alla Clinica EOC di Novaggio e alla Clinica Hildebrand di Brissago.

«Dubbi sull'accelerata decisa da Berna»

«È importante ricordare che se la curva dei contagi ritorna a salire il dispositivo è pronti a reagire in tempi stretti. Questo per garantire la dovuta e imperativa flessibilità in un contesto complesso e poco conosciuto», ha sottolineato il ministro.

Prima di cambiare argomento, De Rosa ha tenuto a puntualizzare un aspetto, che riguarda le decisioni prese da Berna: «In questo contesto di allentamenti, non possiamo tacere qualche dubbio sull’accelerata decisa dal Consiglio federale nella riapertura. Il Governo ha voluto aggiungere anche quella della ristorazione l’11 maggio. La voglia di ripartire è tanta per tutti, ma il virus è ancora lì fuori. Occorre ponderare molto bene gli allentamenti, mettendo al centro la salute delle persone…».

Contagi nelle case per anziani: la situazione sta rientrando

Nel contesto di questa fase 2, di riaperture, il ministro ha fatto riferimento anche agli anziani, tra i più colpiti non solo dal covid-19, ma anche dall’isolamento sociale.

De Rosa ha fatto sapere che nelle case anziani la situazione dei contagi sta rientrando. Le due strutture ticinesi alle quali era stato intimato di prendere provvedimenti li hanno eseguiti e non ci sono stati nuovi contagi.

Il direttore del DSS ha quindi ringraziato chi lavora in queste strutture: «Anche a loro va il nostro incoraggiamento e il nostro ringraziamento. La riflessione continua su quanto è stato fatto, ma anche per quanto si può fare in prospettiva, affinché anche per le persone più vulnerabili si possa trovare un nuovo equilibrio».

Riapertura parziale dei centri diurni dal 18 maggio

De Rosa ha quindi annunciato la riapertura selettiva e strutturata dei Centri diurni con presa a carico socio-assistenziale e dei Centri diurni terapeutici a partire da lunedì 18 maggio.

«L'obiettivo è quello di poter riprendere le attività, estremamente utili e necessarie, di prevenzione, di mantenimento e di riattivazione delle risorse motorie, cognitive e relazionali degli anziani», ha spiegato.

Il tutto avverrà nel rispetto delle disposizioni emanate alle varie strutture dal Cantone, differenziate per le due tipologie di centri, che specificano le misure organizzative e igienico-sanitarie da attuare.

«L'accesso avverrà con il contagocce, - ha puntualizzato il ministro - ma permetterà di ripartire poco a poco con le attività e al contempo sgravare i famigliari curanti».

Restano esclusi da questa prima fase di riapertura i Centri diurni ricreativi, considerato che la situazione richiede disposizioni organizzative e igienico-sanitarie articolate, non compatibili con la loro gestione essenzialmente basata sul volontariato.

Da lunedì riparte il contact-tracing

Dopo De Rosa, è intervenuto il medico cantonale Giorgio Merlani, il quale ha confermato che il contact-tracing riparte da lunedì 11 maggio. E questo perché i nuovi contagi, scesi a meno di 10 al giorno, lo rendono nuovamente possibile.

Il medico cantonale si è poi soffermato brevemente sulla partenza dello studio sierologico, affermando che su 1'500 invitati, 758 hanno già aderito (405 donne e 353 uomini), mentre 63 hanno declinato la possibilità di prendervi parte. Chi non ha ancora risposto potrà farlo entro la fine del mese.

Merlani ha poi spiegato che i dati sull’epidemia saranno aggiornati settimanalmente e non più giornalmente come finora. Le cifre saranno però accompagnate da numerose informazioni e statistiche aggiuntive, come ad esempio il sesso, il luogo di degenza, la presenza o meno di patologie pregresse e il loro numero così come la categoria d’età.

Un bimbo di 10 anni in cure intense

Proprio riguardo all’età, il medico cantonale ha informato sul fatto che la persona più giovane ad aver perso la vita a causa del COVID-19 in Ticino aveva 48 anni.

Il paziente più giovane ricoverato è un bambino di 10 anni che è stato accolto in terapia intensiva, prima di essere trasferito a Losanna, sotto sorveglianza, per garantirgli una terapia adeguata. Merlani si è limitato a dire che il suo stato di salute è stazionario e che non gli risulta avesse delle malattie pregresse.

Rispondendo a una domanda sulla prossima riapertura delle scuole, ha tenuto a precisare che ci sono evidenze che il bimbo sia stato infettato da un adulto: «Questo caso dimostra che nemmeno stando a casa si è al sicuro. Le statistiche, comunque, dicono che in genere i bimbi contraggono l’infezione dagli adulti».

In generale, solo il 2% dei deceduti e un quarto dei ricoverati in ospedale non aveva patologie pregresse.

Garzoni: «Difficile predire l'evoluzione epidemiologica»

Successivamente ha preso la parola il direttore sanitario della Clinica Luganese Moncucco Christian Garzoni, che ha voluto porre l'accento su tre tematiche. 

La prima riguarda l'evoluzione epidemiologica di quello che ci si attende. «È difficile rispondere a questa domanda», ha detto Garzoni, perché si tratta di una virus nuovo. «Quello che è certo - ha ricordato - è che, dato che questo virus si trasmette attraverso il contatto ravvicinato, nella nuova fase i contagi tenderanno ad aumentare».

Ma Garzoni ha tenuto a precisare un aspetto importante: «Adesso la popolazione è abituata a tenere la distanza, dunque non ci sarà una ripresa esponenziale dei contagi come a marzo. Ora la curva sarà probabilmente piuttosto piatta o a onde. E qui starà alla responsabilità di ognuno di noi evitare tutti i contatti inutili. Non dobbiamo dimenticare quello che abbiamo imparato».

L'aspetto della stagionalità

L'esperto ha poi posto l'accento su come e se la stagionalità influenzerà l'andamento della Covid. «Solitamente i coronavirus sono a trasmissione invernale, quando ci sono le temperature fredde. Ma abbiamo visto che l'epidemia, nel Paesi più caldi, avanza comunque. Dunque forse in questo caso la temperatura giocherà poco».

Importante in questa fase, ha sottolineato quindi Garzoni, saranno le misure di monitoraggio, sulle quale gli esperti hanno lavorato e stanno lavorando parecchio.

L'uso della mascherina

Per quel che concerne invece il cercare di controbilanciare l'aumento dei contagi dovuti ai maggiori contatti tra le persone, il direttore sanitario della Clinica Luganese Moncucco ha ricordato ciò che ognuno può e deve continuare a fare. Ma anche parlato dell'uso della mascherina.

«In questo contesto voglio portare due messaggi: è stato detto che abbiamo cambiato idea, in realtà adesso siamo in una fase diversa. La popolazione deve cominciare a interagire e quindi la mascherina può essere un elemento aggiuntivo per evitare la propagazione del virus».

Il Consiglio federale ora raccomanda di usarla in determinati casi, ossia quando non si può mantenere la distanza sociale o se si è in contatto con persone malate. Garzoni ha però ricordato che la mascherina non si mette per proteggere sé stessi, ma gli altri, visto che ci sono molte persone asintomatiche chee possono trasmettere il virus. «Importante però è usarla nel modo corretto».

Il test sierologico

Un altro tema che, ha detto Garzoni, ha suscitato interesse è quello del test sierologico, ossia la ricerca di anticorpi nel sangue per capire se una persona ha avuto il covid.

«Oggi però non c'è nessuna evidenza che garantisce che avere gli anticorpi sia una protezione contro il virus o contro una nuova infezione, né si sa per quanto tempo questi anticorpi durano nel tempo. Si sa però che gli anticorpi del coronavirus hanno tendenzialmente una durata limitata», ha precisato. 

I test che si effettueranno sulle 1'500 persone scelte nel Cantone permetterà di avere un'idea di quanto il virus si è diffuso nella popolazione e sapremo anche la ripartizione nelle fasce d'età.

«Duplice scopo: avere una fotografia attuale di dov'è la popolazione nel mese di maggio, ma anche un ruolo di monitoraggio sulla popolazione nel tempo. Quindi sapremo quante persone ogni 3 mesi avranno un contatto con il virus, avremo informazioni sulle persone asintomatiche e infine ci dirà se ci sono persone che sono positive e si riammalano o perderanno gli anticorpi».

«Anche se abbiamo gli anticorpi non cambia il nostro modo di comportarci»

Ultimo aspetto trattato da Garzoni riguarda la corsa della popolazione al test sierologico. «Ma sapere se si ha avuto o meno il virus non cambia assolutamente il modo in cui ci si deve comportare verso gli altri. Bisogna comunque mantenere le distanze sociali perché, anche se al momento si hanno gli anticorpi, si è comunque ritenuti, ad oggi, contagiosi come le altre persone».

Il direttore sanitario della Clinica Luganese Moncucco ha comunque ricordato che non tutti i test sono uguali. «Quelli che si trovano su internet li abbiamo testati e la maggior parte hanno una pessima performance».

1'400 interventi chirurgici da recuperare

Infine, a intervenire è stato il capo Area medica dell’EOC Paolo Ferrari, il quale ha esordito dicendo che per due mesi la nostra vita è stata concentrata sul covid, ma nel Cantone ci sono ovviamente persone che hanno altre malattie, croniche, e che ora hanno bisogno di tornare a essere curate come si deve.

Per questo ora gli ospedali e gli studi medici vengono pian piano predisposti per prendersi cura anche di queste persone.

Ferrari ha infatti spiegato che in questi due mesi ben 1’400 interventi chirurgici sono stati differiti. «Ora dovremo recuperarli in maniera abbastanza rapida. Anche perché, con il lento ritorno alla normalità, il rischio è che tornino ad esserci anche più incidenti sul lavoro o sulla strada, che necessitano di un rapido intervento».

Sale operatorie ripristinate

Già questa settimana, ha spiegato il capo Area medica dell’EOC, si sono svolti 200 interventi. Perché non sono stati fatti finora?

«Il problema sono state le cure intense. Per creare dei nuovi posti letti per i pazienti covid abbiamo dovuto smontare alcune strutture sanitarie esistenti, e tra di esse diverse sale operatorie. Ora le striamo pian piano ricostruendo, abbiamo potuto riportare i macchinari dove erano predisposti e i dipendenti hanno potuto tornare nelle loro strutture di origine».

Anche le visite ambulatoriali hanno dovuto essere riviste. «Abbiamo dovuto organizzarci in modo tale da garantire il distanziamento sociale e abbiamo scaglionato gli appuntamenti per non fare attendere le persone nelle sale d’aspetto tutte insieme».

«Il rischio di prendere il virus in ospedale è uguale a fuori»

Ferrari assicura dunque che le misure predisposte nelle varie strutture garantiscono che il rischio di prendere il virus all’interno di un ospedale o di uno studio medico è lo stesso che prenderlo fuori.

L’esperto incoraggia quindi i cittadini ad andare dal medico se ne hanno bisogno, soprattutto perché, spiega, «ricordo che i malati cronici sono quelli più a rischio anche se ci sarà una seconda ondata. Dunque le varie malattie croniche, come ad esempio il diabete, vanno curate per bene, altrimenti la persona è ancora più a rischio».

Ferrari ha infine ringraziato la popolazione per i sacrifici fatti e che hanno permesso di limitare il numero dei contagi. «Una condizione che ci permette di riprendere le attività, sia negli ospedale che nelle aziende, ma sempre nel rispetto delle norme, che dovremo abituarci a seguire nei prossimi mesi e forse anche nei prossimi anni».

In Ticino altri 4 casi di contagio e 2 decessi

Intanto oggi nel Cantone si registrano altri due decessi (per un totale di 334) e quattro nuovi casi di contagio da Covid-19 (che arrivano così a 3'257).

Nelle strutture ospedaliere dedicate alla cura dei pazienti affetti dal virus sono ricoverate 92 persone: 79 in reparto e 13 in terapia intensiva, di cui 11 intubate.

Finora sono stati dimessi dagli ospedali 829 pazienti guariti dal coronavirus, 20 in più rispetto alla giornata di giovedì.

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