«Mi ricordo che mi telefonò un mio ex compagno di ufficio a Ginevra, oggi capo del laboratorio di virologia, e mi disse ‘Pietrò c’est ton patient!’. È così che tutto cominciò», spiega il dottor Pietro Antonini.
«Il primo pensiero fu verso il paziente naturalmente, sapevamo che la malattia era potenzialmente grave, ma soprattutto c’era la paura di sbagliarsi. C’erano da prendere le misure precauzionali, sentire il medico cantonale, accordarsi con la task force. Questo per fare in modo che tutto filasse come ci avevano detto che doveva andare», prosegue il medico ai microfoni della RSI.
«Affrontare la realtà è difficile, specie quando cambia le abitudini»
Quella del Covid, conferma Antonini, è una pandemia, una crisi sanitaria a tutti gli effetti: «Quando ci sono momenti di crisi, spunta sempre fuori il negazionismo, chi dice ‘no non è così’. Affrontare la realtà è sempre difficile, soprattutto quando questa cambia le nostre abitudini. Fa parte un po’ della natura umana di negare e dire che un problema non esiste».
In un anno tutto è cambiato e anche il 'primo medico' ha detto alla RSI di avere imparato tantissime cose che prima non conosceva: «Questa crisi mi ha fatto evolvere. E poi umanamente l’approccio con i pazienti è cambiato perché la gente era grata che qualcuno si occupasse di loro. Anche prima, ma adesso in maniera diversa. Chi l’ha vissuta sulla pelle ha visto che questa malattia è veramente pericolosa».