La proposta Il salario minimo in Ticino non fa l'unanimità

SwissTXT / pab

26.11.2019

Immagine d'illustrazione
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Ti-Press

Non fa l'unanimità la proposta sul salario minimo votata lunedì a grande maggioranza dalla Commissione della gestione.

Proposta che prevede, lo ricordiamo, nel primo anno una forchetta che va da 19 franchi a 19,50. Nel secondo e terzo anno si aumenta questo intervallo di 50 centesimi. Poi entro la fine del quarto anno bisogna arrivare a una cifra situata tra i 19 franchi e 75 centesimi a i 20 franchi e 25. L'obiettivo finale è insomma una media di circa 20 franchi all'ora.

Sindacati divisi

«Accogliamo questa proposta con grande delusione. Sono salari troppo bassi, che non permetteranno di vivere degnamente in Ticino e quindi non sono accettabili»: commenta Giangiorgio Gargantini di UNIA ai microfoni della RSI.

Di parere diverso Renato Ricciardi dell'OCST: «Siamo soddisfatti perché finalmente è un salario minimo legale. È da anni che lo aspettavamo. È uno strumento per combattere gli abusi e per limitare i bassi salari purtroppo in vigore in numerosi settori privi di contratto collettivo».

L'impatto sulle aziende

Per Ricciardi un impatto per le aziende ci sarà, ma solo in determinati settori: «In quelli dove ci sono dei salari bassi e dove c’è una quota di manodopera proveniente dalla vicina Italia».

Decisamente meno preoccupato per le ripercussioni sulle aziende Gargantini: «Non credo che saranno insopportabili, anche perché se dovessero esserci aziende che non potranno praticare questi salari dovranno porsi la domanda sul come continuare a lavorare sul territorio».

Modenini: «Importante è poi verificarne l'impatto»

Stefano Modenini, direttore dell'Associazione delle industrie ticinesi, non si dice sorpreso da quanto stabilito dalla Commissione della gestione. Poco si discosta dalla proposta governativa a cui AITI già si era adeguata, ma spiega come ritenga fondamentale procedere a questo punto: «Per noi l’importante è che a ogni eventuale aggiornamento della soglia ci sia una verifica dell’impatto. Non va inoltre dimenticato che in ogni forchetta i beneficiari resteranno comunque per la maggioranza lavoratori che non vivono in Ticino».

Modenini - ferma restando l’evoluzione della congiuntura economica - non esclude che alcuni possano fare più fatica di altri ad adeguarsi: «Prevediamo difficoltà non tanto per l’industria, ma per piccole attività artigianali e commerciali».

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