Custodita a Lugano Isabella d'Este, attribuita a Leonardo, va restituita all'Italia

ATS

2.10.2018 - 13:56

Il quadro "Ritratto di Isabella d'Este", attribuito a Leonardo Da Vinci, sequestrato nel 2015 a Lugano.
Il quadro "Ritratto di Isabella d'Este", attribuito a Leonardo Da Vinci, sequestrato nel 2015 a Lugano.
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Il quadro "Ritratto di Isabella d'Este" attribuito a Leonardo da Vinci e sequestrato nel febbraio 2015 a Lugano va consegnato alla giustizia italiana.

Il Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona ha respinto un ricorso della proprietaria, che si è ora rivolta al Tribunale federale di Losanna.

In una sentenza pubblicata oggi, la Corte dei reclami penali del TPF giudica che nessun motivo giuridico si opponga a una restituzione dell'opera alle autorità italiane.

La sua proprietaria, Emidia Cecchini, ha sempre sostenuto che il dipinto, un olio su tela di 61 per 46,5 centimetri, presunto ritratto di Isabella d'Este, marchesa di Mantova (1474-1539), provenga da una eredità di famiglia e si trovi in Svizzera dal 1913. Questa versione dei fatti non ha convinto la giustizia italiana (il caso è arrivato fino alla Corte di Cassazione), che ha condannato la donna a 14 mesi di carcere per esportazione illegale di opere d'arte.

La vertenza è ora pendente davanti al Tribunale federale. Nelle questioni di assistenza giudiziaria, la suprema corte di Losanna interviene soltanto quando il caso è ritenuto molto importante o se pone un problema di fondo che deve essere risolto a breve termine.

Il "Ritratto di Isabella d'Este" è oggetto di contesa non soltanto davanti ai tribunali. Gli stessi esperti sono divisi sull'autenticità del quadro. Dopo il sequestro avvenuto il 9 febbraio 2015 su richiesta della Procura di Pesaro, il noto critico dell'arte e polemista Vittorio Sgarbi lo aveva definito un dipinto "da porta Portese", "inventato" dallo storico dell'arte Carlo Pedretti, che aveva invece attestato l'autenticità del quadro e lo attribuiva almeno in parte al grande genio del Rinascimento (1452-1519). Per Sgarbi si trattava invece di "una crosta, di qualità modestissima che vale al massimo 2000 euro".

(Sentenza RR.2018.182 del 4 settembre 2018)

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